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[v. 88-105] | c o m m e n t o | 859 |
posato che fu in sul sasso fuori del centro, elli si travagliò tutto, vedendo le gambe del Lucifero, e però dice: Io levai li occhi; cioè io Dante, stando a sedere, e credetti vedere Lucifero, com’io l’avea lasciato; cioè col capo e con l’alie, E vidigli le gambe in su tenere; perch’era passato il centro della terra dell’altro emisperio. E s’io divenni allora travagliato; vedendo questa mutazione, La gente grossa il pensi, che non vede Qual è quel punto, ch’io avea passato; cioè lo centro della terra; quasi dica: Li uomini sottili non se ne maravigliano: imperò che veggono la cagione; ma li uomini grossi sì. Levati su, disse il Maestro, in piede; a me Dante, e così mi confortò dell’andare: La via è lunga: imperò che aveano a tornare nel nostro emisperio, come si mosterrà di sotto che tornarono, el cammino è malvagio: imperò che non vi si vedea lume et era la via mal piana, E già lo Sole a mezza terza riede; e questo dice: imperò che, quando si partì del nostro emisperio, era già venuta la notte; et ora ch’era nell’altro, era presso a mezza terza: imperò che, quando di qua si fa notte, di la si fa di’: e come di qua ne viene la notte; così di là ne viene lo di’.
C. XXXIV — v. 97-105. In questi tre ternari l’autor nostro finge che domandasse Virgilio, per uscire d’errore, di tre cose: e però dice, mostrando prima la difficultà del cammino: Non era caminata di palagio; cioè non era sala di palazzo: i signori usano di chiamare le loro sale caminate, massimamente in Lombardia; e questo dice, perchè le sale de’ palagi de’ signori sogliono essere ben piane e ben luminose, e quivi era lo spazzo1 disiguale et aspro, et eravi grande oscurità, Là ’v’eravam; cioè Virgilio et io, ma natural burella; cioè luogo oscuro, ove non si vede raggio di sole sì, che v’è poco lume et il terreno vi è molle e diseguale, e però dice: Che avea mal suolo, e di lume disagio; come la burella. Prima che dell’abisso mi divella; cioè prima ch’io mi spacci di questo luogo profondo, Maestro mio, diss’io quando fui dritto; cioè poi ch’io fui levato in piedi, A trarmi d’erro2 un poco mi favella; questo finge l’autore, per dichiarare li lettori, se sopra questo prendessono dubbio: Ove la ghiaccia; dice Dante a Virgilio: Ove è quella ghiaccia, sopra la quale io andava, ov’erano fitti li traditori? e questi; cioè Lucifero, come fitto Di sotto sopra? Questo dice, per mostrare che li paresse in quel montare esser montato, o vero ritornare, in su l’emisperio del quale era uscito, dove avea veduta la ghiaccia et il capo del Lucifero sì, che essendo nel detto luogo, li sarebbe necessario che fosse volto sottosopra, vedendo ora le gambe quivi, ove vedeva prima il capo, e
- ↑ C. M. passo
- ↑ Erro; errore è voce antica e odesi tuttora nel contado in Toscana. Fr. Baldovini cantò «S’i’ non piglio erro, o mal non m’arricordo». E.