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858 | i n f e r n o xxxiv. | [v. 82-87] |
opera a discendere al centro; e però dice: Come a lui piacque; cioè Virgilio, il collo gli avvinghiai; io Dante, Et el; cioè Virgilio, prese di tempo e luogo poste; cioè à posto lo tempo quando si dovesse aggrappare1, e luogo dove si dovesse appigliare, E quando l’alie furo aperte assai; cioè del Lucifero, delle quali fu detto di sopra, Appigliò sè; cioè Virgilio, alle vellute coste; del Lucifero. Di vello in vello giù discese poscia; cioè Virgilio, avendo avvinghiato Dante al collo, Tra il folto pelo; del Lucifero, e le gelate croste; della ghiaccia che gli era d’intorno. Quando noi; cioè Virgilio et io Dante, fummo là, dove la coscia; del2 Lucifero, Si volge a punto in sul grosso dell’anche; cioè3 alla fine dell’anche, ove s’incaviglia e s’annoda la coscia, lo Duca; cioè Virgilio, con fatica e con angoscia Volse la testa ov’elli avea le zanche; perch’era scieso al centro, li convenia montare, imperò fìnge che si volgesse, Et aggrappossi al pel; del Lucifero, com’uom che sale; perchè finge che insino a quivi era disceso, Sì che in Inferno io credea tornar anche4; dice Dante che si credea tornare ancora in Inferno, perchè lo vedea salire quivi, ove prima era disceso; e questa è fizione dell’autore, per fare verisimile suo poema, e non ci è allegoria.
C. XXXIV — v. 82-87. In questi due ternari l’autor nostro finge che Virgilio, salendo l’ammonisca dell’attenersi bene, e come lo posò in sul sasso ch’era fuor del centro, dicendo: Attienti ben; Dante, Disse il Maestro; cioè Virgilio, ansando; cioè angosciando, come uom lasso; cioè stanco; e puossi intendere allegoricamente ch’elli intendea la ragione sua e l’ingegno suo affaticato dalla materia, che per cotali scale; come sono queste del Lucifero, che ci è convenuto scendere e salire per li velli suoi faticosamente, Conviensi dipartir da tanto male; quanto è l’inferno. E moralmente si può notare che ogni fatica si dee sostenere volentieri, per cessarsi dal male; et allegoricamente che, volendosi l’uomo partire dall’inferno; cioè dal peccato che mena l’anima all’inferno, dee discendere e salire per li peli del Lucifero; cioè dee considerare la sua bellezza e grandezza, quanta fu quando fu creato; e quanto fu sozzo e misero e vile, quando cadde per lo peccato. Poi uscì fuor; Virgilio5 con lui, per lo foro d’un sasso; nel quale era confitto lo Lucifero, in sul mezzo del quale era il centro della terra, E puosesi in sull’orlo; di quel sasso, a sedere; Appresso porse a me l’accorto passo; venendo quivi ov’io era a sedere, lasciato lo Lucifero.
C. XXXIV — v. 88-96. In questi tre ternari fìnge l’autore che,