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[v. 37-54] c o m m e n t o 853


C. XXXIV — v. 37-54. In questi sei ternari lo nostro autore, poi ch’à discritto la statura di Dite, descrive particularmente le condizioni di quello che di Dite si vedea fuori della ghiaccia; e tutto fìnge sotto figura et allegoria come si mosterrà, e dice così: O quanto parve a me; Dante, gran maraviglia, Quando vidi tre faccie alla sua testa! In questa sua fizione vuole dimostrare l’autore come sia vera la consequenzia fatta da lui di sopra; cioè ben dee procedere da lui ogni vizio e peccato; et a mostrare questo, finge che Lucifero abbia la testa, prima crestuta; la quale cresta significa la superbia e l’invidia che è sua figliuola: ove è la madre, incontanente vi nasce la figliuola; appresso, che abbia tre faccie, che significano li altri tre vizi e peccati1 spirituali; cioè ira, avarizia, accidia: imperò che finge che la faccia dinanzi sia vermiglia, e questa significa l’ira che è accesa di furore; l’altra, la quale è dalla spalla ritta, finge che sia smorta: imperò che dice che è tra bianca e gialla, e questa significa l’avarizia che è sempre affamata; la terza, che è dalla spalla manca, finge che sia nera, e questa significa l’accidia che è sempre oscura. E finge che ciascuna di queste faccie abbia due occhi; cioè due respetti; cioè che l’ira à respetto disordinato et immoderato a conservare2 lo bene, e questo è l’uno occhio; cioè l’occhio ritto; l’altro immoderato respetto è a cessare lo male3, e questo è l’occhio manco. E così l’avarizia à due respetti; cioè respetto immoderato del bene suo giudicandolo poco, e questo è l’occhio ritto; l’altro respetto immoderato è al bene altrui che non àe, giudicandolo assai, e questo è l’occhio manco. E così l’accidia à due respetti; l’uno è rispetto immoderato di partirsi dalla fatica, e questo è l’occhio manco; l’altro respetto è immoderato, è accostarsi al riposo, e questo è l’occhio ritto. E finge che ciascuna faccia abbia sotto di sè due grandissime alie non pennute di penne; ma di pongiglioni come il vilpistrello, a significar li levamenti che ciascuno di questi vizi e peccati àe, che sono due. Ecco l’ira à due levamenti; cioè turbazione e furore; le quale alie generano il vento della crudeltà, come detto fu di sopra. L’avarizia similmente à due levamenti; cioè rapacità e tenacità; e queste due alie generano il vento della ingratitudine, della quale si disse ancora di sopra. E l’accidia ancora à due levamenti; cioè tristizia e negligenza; e queste due alie generano il vento dell’odio, del quale ancora fu detto di sopra. E finge che queste alie abbiano pungiglione: imperò che sempre stimolano e pungono; e non penne che alleggeriscono e lievano in alto sì, che da queste alie; cioè dalle due4, nomina un vento; e così da sei alie tre venti, onde dall’alie dell’ira

  1. C. M. peccati speziali; cioè
  2. Altrim. — a consumare lo bene,
  3. Altrim. — a crescere lo male,
  4. C. M. dalle due, venia un vento;