19Dinanzi mi si tolse, e fe restarmi,1
20 Ecco Dite, dicendo, et ecco il loco,
21 Ove convien che di fortezza t’armi.
22Com’io divenni allor gelato e fioco,
23 Nol domandar, Lettor, ch’io non lo scrivo:
240 Però ch’ogni parlar sarebbe poco.
25Io non mori’, e non rimasi vivo:
26 Pensa oggimai per te, s’ài fior d’ingegno,
27 Qual io divenni, d’uno e d’altro privo.2
28Lo Imperador del doloroso regno
29 Dal mezzo il petto uscia fuor della ghiaccia;3
30 E più con un gigante io mi convegno,
31Che i giganti non fan con le sue braccia:
32 Vedi oggimai quant’esser dee quel tutto,
33 Che a così fatta parte si confaccia.
34S’el fu sì bel, com’egli è ora brutto,
35 E contra il suo Fattore alzò le ciglia,
36 Ben dee da lui procedere ogni lutto.
37O quanto parve a me gran maraviglia,
38 Quando vidi tre faccie alla sua testa!
39 L’una dinanzi, e quella era vermiglia;
40L’altre eran due, che s’aggiugneano a questa
41 Sovresso il mezzo di ciascuna spalla,
42 E si giugneano al sommo della cresta.4
43La destra mi parea tra bianca e gialla;
44 La sinistra a vedere era tal, quali
45 Vegnon di là, onde il Nilo s’avvalla.
- ↑ v. 19 fe ristarmi,
- ↑ v. 27. d’uno e d’altro privo. Sintassi mentale, dove riesce agevole intendere privo della morte e della vita. E.
- ↑ v. 29. C. M. Da mezzo il petto
- ↑ v. 42. C. M. E sanguinato al sommo della cresta.