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[v. 100-108] | c o m m e n t o | 837 |
gelata; cioè l’acqua agghiacciata, Ruvidamente; cioè aspramente, un’altra gente; che quella del secondo giro, fascia; cioè intornia, Non volta in giù; come quella del primo e del secondo giro, ma tutta riversata. E questo finge l’autore, a dimostrare che nel mondo ànno mostrato segno di carità per meglio fare il tradimento sì, che il tradito non si guardi, e non si sono vergognati del tradimento, e però non l’ànno fatto occultamente; ma abandonatamente, e però finge che stanno col capo riversato e col corpo. Lo pianto stesso li pianger non lascia; come questo sia, lo manifesta poi, E il duol; cioè le lagrime, che per duolo si gittano fuori, che truova in su li occhi rintoppo; cioè riscontro delle lagrime che vi sono aggelate, Si volve iv’entro a far crescer l’ambascia: imperò che, quando l’uomo non può scialare il dolore, li cresce la fatica. Ecco che manifesta lo modo, dicendo: Chè le lagrime prime fanno groppo; aggelate in sulle palpole1 delli occhi, E, sì come visiere di cristallo; questo dice, perchè le lagrime ghiacciate paiono cristallo, Riempion sotto il ciglio tutto il coppo; cioè tutta la tana delli occhi, che è sotto il cillio. E questo finge l’autore in vendetta della simulazione ch’ànno usato nel mondo che, come ànno simulato di voler bene altrui per poter meglio tradire; così pone che quivi abbino d’entro il dolore e nol possono dimandare2 di fuori, sì come nel mondo ànno portato l’odio d’entro, e di fuori un pezzo ànno mostrato amore tanto, che possino ingannare; e questo medesimo ne’ mondani, che non possono mostrare l’odio ch’ànno d’entro perchè altri non si guardi da loro, e mostrano chiarezza nelli occhi e buona cera, perchè l’uomo si fidi di loro.
C. XXXIII — v. 100-108. In questi tre ternari l’autor nostro finge ch’elli sentisse alcuno accidente di vento in quello luogo, che non v’avea sentito altro; onde domanda Virgilio della cagione, e però dice così: Et avvegna; fa qui avversazione che, benchè avesse perduto lo senso come3 che nel volto; pur non l’avea in tanto perduto, che non sentisse alquanto vento, che, sì come d’un callo; fa una similitudine, che come in uno callo che l’uomo abbia nella mano, o nel piede, elli perde lo sentimento; cioè che non sente4, come quelli che non sente quivi nè caldo, nè freddo al tatto, se non poi che è rimosso il callo; così elli avea perduto quasi nel volto il sentimento per lo freddo, e però dice: Per la freddura ciascun sentimento; di ciascuna cosa, Cessato avesse del mio viso stallo; cioè, benchè il sentimento, come d’ogni cosa, sua stanza; cioè fermezza, avesse cessata del mio volto per lo freddo che quivi era; non si dee però intendere