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836 i n f e r n o   xxxiii. [v. 91-99]

guitò suo cammino, e però dice: Noi passammo oltre su per la gelata in verso il centro, e venimo in luogo dove la ghiaccia fasciava un’altra gente, la quale stava rovesciata in su, e volendo piangere non poteano: imperò che le lagrime congelate serravano loro li occhi sì, che non poteano uscire; el duolo non potendo esalare, si tornava dentro ad accrescere l’affanno loro. E bench’io avessi perduto ogni sentimento del mio volto quanto al senso comune, pur mi parve sentire alquanto vento; e perciò dice che elli domandò Virgilio onde veniva questo vento: Non n’è, qua giù spento ogni vapore? Onde Virgilio li rispose che tosto sarebbe, onde1 quel vento veniva. Et allora uno di quelli miseri gridò: O anime crudeli, in tanto che voi penate ad essere allogate, levatemi questo velo ch’io ò all’occhio sì, ch’io sfoghi un poco il dolore. E Dante rispuose: Se vuogli ch’io ti sovvenga, dimmi chi tu se’; e si non2 ti sovvegno, mi convenga andare al fondo. Allora rispose colui ch’elli era frate Alberigo, che seminò le frutta del mal orto, e che quivi era di ciò ben meritato. E Dante li rispose, maravigliandosi e addomandandolo: Or se’ tu ancor morto? Et elli li rispose che non sapea come stesse il suo corpo nel mondo: imperò che quelli che sono in quel terzo giro, che si chiama Tolomea, avviene che vi caggiono spesse volte l’anime inanzi che moiano: imperò che, come l’uomo commette sì fatto tradimento, il corpo è preso da uno demonio a governare per tutto il tempo che à poi a vivere, e l’anima cade nell’inferno in quel giro; e forse che costui, che m’è dietro, à ancora lo corpo suso: elli è messer Branca d’Oria, ch’è stato molti anni così. Onde Dante li disse: Io credo che tu m’inganni: imperò che messer Branca non è ancor morto; ond’elli li risponde: Io ti so dire che messer Branca fu prima qui, che Michele Zanche fosse nella bolgia della pegola che tu ài trovata di sopra, et ancora uno suo parente con lui che fece insieme con lui il tradimento; ma distendi oggimai in qua la mano, et aprimi li occhi. E Dante dice non gliele volle aprire: imperò che non attenere a lui la promessa fu cortesia: imperò che fu non ovviare alla giustizia di Dio; et al fine pone l’autore una invezione contra li Genovesi, dicendo: Ahi Genovesi, uomini diversi da ogni costume e pien d’ogni magagna, perchè non siete voi spersi del mondo, ch’io trovai uno di voi col piggiore spirito di Romagna, che con l’anima è nel fondo dell’inferno, e nel mondo pareva ancora vivo? E qui finisce la sentenzia litterale: ora è da vedere il testo con l’allegorie.

C. XXXIII — v. 91-99. In questi tre ternari l’autor nostro finge il dipartimento suo dal secondo giro, e il processo nel terzo giro, dicendo così: Noi: cioè Virgilio et io, passammo oltre, dove la

  1. C. M. ove quel
  2. C. M. e s’io non ti