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[v. 23-36] | c o m m e n t o | 831 |
che sia predizione del conte, ella è sua; e questo finge l’autore per sua congettura, considerando che i Pisani aveano fatto allora sì fatta crudeltà, et elli vedea che nella città sempre erano di quelli cittadini che intendevano a maggioria, et elli vedea spesso mutamenti di stati: assai bene potea congetturare che in processo di tempo, avuto sì fatto esempro, ancora fossono di quelli che facessono lo simile; o sarà vero questo o no, pur verisimilmente potea questo congetturare, M’avea mostrato per lo suo forame; cioè per lo foro del pertugio detto di sopra, Più lume già, quando feci il mal sonno; cioè inanzi che sognassi, svegliato vidi grande lume e molto per quel buco sì, che ben era l’aurora, e poi m’addormentai e feci il reo sogno, Che del futuro; cioè di quel che mi dovea addivenire, mi squarciò il velame; cioè m’aperse ogni occultazione. Et incomincia a narrare lo sogno, dicendo: Questi; cioè l’arcivescovo, parea a me maestro e donno; cioè signore, e così fu quando fu preso, e poi quando si diliberò della sua morte, Cacciando il lupo e i lupicini al monte; cioè ordinando di cacciare me e’ miei figliuoli verso Lucca, Per che; cioè per lo qual monte, i Pisan veder Lucca non ponno; se non fosse il monte pisano in mezzo tra Pisa e Lucca: sono tanto presso, che l’una città vedrebbe l’altra. Con cagne magre; questi sono lo popolo minuto che comunemente è magro e povero, studiose; cioè desiderose di sì fatte cose, e conte; cioè ammaestrate a sì fatte cose fare, Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi; queste sono tre case di gentiluomini della città di Pisa, di grande onore e di grande potenzia nell’antico; e benchè ancora sieno, pur sono molto mancate come l’altre famiglie antiche e l’altre cose, e sono denominate così da loro antichi; cioè Gualandi da Gualando, Sismondo Sismondi da Sismondo, e Lanfranchi da Lanfranco; e sono divise le dette case in più altre sì, come appare che i Gualandi sono Macaioni, e Sismondi sono Buzacherini1 Guinicelli, e Lanfranchi sono Rossi Gualterotti, S’avea messi dinanzi dalla fronte: però che queste case avea messe per capo del trattato e della setta. In piccol corso mi pareano stanchi Lo padre e’ figli; cioè poco pareva che durassono dopo questo trattato il conte e figliuoli, ch’elli furono presi e morti, e come detto fu di sopra, e con l’agute scane: scane sono li denti pungenti del cane, ch’elli à da ogni lato coi quali elli afferra, Mi parea lor veder fender li fianchi; e così recarli a morte. Questo veramente si può chiamare sogno: imperò che sotto alcuno velame dimostrava quello che doveva avvenire, come appare di sopra cap. xxvi, quando fu detto de’ sogni; e seppelo ben comporre l’autore.
C. XXXIII — v. 37-48. In questi quattro ternari l’autor nostro
- ↑ C. M. Busacarini Guinisselli,