Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
c a n t o xxxiii. | 825 |
133Ella ruina in sì fatta cisterna;
E forse pare ancor lo corpo suso
Dell’ombra, che di qua dietro mi verna.
136Tu il dei saper, se tu vien pur mo giuso:1
Elli è ser Branca d’Oria, e son più anni
Poscia passati, ch’el fu sì racchiuso.2
139Io credo, diss’io lui, che tu m’inganni:
Chè Branca d’Oria non morì unquanche,
E mangia e bee e dorme e veste panni.
142Nel fosso su, diss’el, dei Malebranche,3
Là dove bolle la tenace pece,
Non era giunto ancora Michel Zanche,
145Che questi lasciò il diavolo in sua vece
Nel corpo suo; et un suo prossimano,
Che il tradimento insieme con lui fece.
148Ma distendi oggimai in qua la mano,
Aprimi li occhi; et io non gliel apersi,4
E cortesia fu in lui esser villano.
151Ahi Genovesi, uomini diversi
D’ogni costume, e pien d’ogni magagna,
Perchè non siete voi del mondo spersi?
154Chè col piggiore spirto di Romagna
Trovai di voi un tal, che per sua opra
In anima in Cocito già si bagna,
157Et in corpo par vivo ancor di sopra.
- ↑ v. 136. dei; devi, dall’infinito deere o deire. E.
- ↑ v. 138. C.M. rinchiuso.
- ↑ v. 142. C. M. di Male branche,
- ↑ v. 149. C. M. Apremi
___________