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818 | i n f e r n o xxxii. | [v. 106-123] |
detto fu di sopra, quand’un altro gridò di quelli dannati; chi elli fosse si dirà di sotto: Che ài tu, Bocca? E così lo nominò: costui era messer Bocca delli Abbati da Fiorenza, del quale fu detto di sopra. Non ti basta sonar con le mascelle; questo dice, perchè quivi era solamente stridore dei denti, Se tu non latri; ancora? Qual diavol ti tocca? Pensava colui che qualche demonio lo tormentasse, e per ciò di ciò il domanda. Omai, diss’io; cioè Dante oggi mai, non vo’ che tu favelle, Malvagio traditor, ch’alla tua onta; cioè o vogli tu o no, Io porterò di te vere novelle; cioè io dirò veramente chi tu se’. Va via, rispuose; messer Bocca, e ciò che tu vuoi conta; Ma non tacer, se tu di qua entro eschi, Di quei ch’ebbe or così la lingua pronta; a nominarmi; cioè fa che tu dica ancora di lui.
C. XXXII — v. 115-123. In questi tre ternari l’autor finge che messer Bocca faccia sua vendetta: imperò che nomina colui che nominò lui, et ancor delli altri, e però dice: El; cioè colui che nominò me, piange qui l’argento de’ Franceschi; cioè l’argento e li danari ch’ebbe dal re Carlo vecchio di Francia, quando venne in Italia: questi fu messer Bosio1 da Duera da Cremona, il quale tradì la sua città al re Carlo per danari, quando venne di Francia; e però dice che piagne quivi; cioè nel secondo giro patisce pene de’ danari che ebbe da’ Franceschi, quando passò il detto re; dice messer Bocca a Dante: Io vidi, potrai dir; tu, Dante, quel da Duera; cioè il detto messer Bosio, Là, dove i peccatori stanno freschi; cioè nel Cocito, nel secondo giro, e nella ghiaccia. Se fossi domandato; tu, Dante, altri chi v’era; nel detto luogo, Tu ài dal lato quel di Beccheria; cioè l’abbate di Valembrosa2 di quelli di Beccheria da Pavia, lo quale andò per la chiesa a Firenze; et essendo in Firenze per la chiesa volle tradir Fiorenza e levarla de mano de’ guelfi e darla a’ ghibellini, onde venuto a notizia questo de’ guelfi che reggeano la terra, lo presono e tagliarongli la testa; e però dice: Di cui segò Fiorenza la gorgiera; cioè li segò il collo e dicapitollo. Gianni de’ Soldanier credo che sia Più là: questi fu uno gentiluomo da Firenze lo quale, quando i gentiluomini reggevano e signoreggiavano in Firenze, li tradie et accostassi col popolo e fece cacciare e disporre li gentili uomini sì, che per uno tempo furono disfatti, con Ganellone: questi fu tedesco della casa di Maganza, e tradì la santa gesta de’ paladini, come si leggie in quelli cantari e nelle croniche de’ Franceschi, e Tribaldello3: questi fu cittadino di Faenza il quale di notte, avendo le chiavi d’alcuna porta, mise dentro i nimici, e diede la terra ai Bolognesi; e però dice: Ch’aprì Faenza quando si dormia; cioè di notte.