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i n f e r n o xxxii. |
[v. 16-24] |
sforza; e non nocendo per questo ad altrui, e non essendo dolente del bene altrui, non sarebbe peccato. Et è un’altra spezie la quale odia chi è inanzi a lui e nuoce, se può; e questo è gravissimo peccato. Et è un’altra spezie quando l’uomo s’attrista del bene altrui, non nocendo però; e questo è ancora grave peccato, e di questo peccato dice Orazio: Invidus alterius macrescit rebus opimis; Invidia Siculi non invenere tyranni Majus tormentum. Et anno queste due spezie per sue compagne: Stultizia, odio, viltà, oscurità, pallore, malinconia, lagrime, sospiri, pigrizia, veleno in pensieri, veleno in fatti, veleno in detti; e sue figliuole sono tradimento, omicidio, diffamazione, offensione in ogni modo, allegrezze del male, e riso, schernimento e derisione. Li rimedi contra sì fatto peccato sono amare Idio, amare lo prossimo, conoscimento di Dio e di sè medesimo, pacienzia, vilipensione e considerazione delle pene che si convengono a sì fatto peccato e che sono con esso, le quali sono queste, secondo che finge l’autore; imprima si è bassezza: imperò che la pone nel pozzo al centro della terra, in che si nota la sua viltà; poi è oscurità, in quanto pone che quivi è scuro, come appare nel testo; appresso è Cocito che significa pianto che si conviene all’invidioso, che s’attrista del bene altrui e lagrima e piangene; freddura, perchè nell’invidioso è spenta ogni carità; pallore, perchè l’invidiosi sono paurosi; col capo fuor della ghiaccia, a notificare la loro infamia; chinati in giuso, a notificare1 la lor vergogna; col capo rovesciato2, a denotare la sfacciatezza d’alquanti; e tutti coperti, a denotare che al tutto è spenta in loro ogni carità. E benchè queste cose convenientemente finga l’autore essere nell’inferno; allegoricamente sono nelli invidiosi del mondo, come chiaro appare a chi discretamente ciò considera. E perchè questa invidia viene da superbia, el primo superbo et invidioso fu lo Lucifero, e più profondo in questi peccati, però finge l’autore che sia in questo pozzo nel centro della terra fitto. E perchè la fraude si può commettere in chi non si fida, che non v’è data cagione, et allora semplicemente si chiama fraude, e di questa è detto di sopra cap. xviii, e delle sue spezie nell’ottavo cerchio; e puossi commettere in chi si fida, che n’è data cagione per alcuno de’ quattro modi che si dirà di sotto, et allora si chiama tradimento, e di questa si tratta qui nel nono cerchio; e l’una e l’altra è sottoposta, et è delle figliuole della superbia e della invidia; ma più lo tradimento è della invidia, che della superbia. E questo si distingue in quattro modi: imperò che o elli si commette contra li parenti tra’ quali è fede naturale di parentado; cioè di carne, come tra fratelli; et allora è lo primo grado, che si punisce nel primo
- ↑ C. M. denotare la
- ↑ C. M. capo riverto, a