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c a n t o   xxxii. 801

49Con legno legno spranga mai non cinse
      Forte così; ond’ei, come due becchi,
      Cozzaro insieme: tanta ira li vinse.
52Et un, che avea perduto ambo li orecchi1
      Per la freddura, pur col viso in giue
      Disse: Perchè mai tanto in noi ti specchi?2
55Se vuoi saper chi son cotesti due,
      La valle, onde Bisenzio si dichina,
      Del padre loro Alberto e di lor fue.
58D’un corpo usciro; e tutta la Caina
      Potrai cercare, e non troverai ombra
      Degna più d’esser fitta in gelatina:3
61Non quelli, a cui fu rotto il petto e l’ombra
      Con esso un colpo per le man d’Artù,4
      Non Focaccia, non questi che m’ingombra
64Col capo sì, ch’io non veggio oltre più,
      E fu nomato Sassol Mascheroni:
      Se Tosco se’, ben sai omai chi fu.
67E perchè non mi metti in più sermoni,
      Sappi ch’io sono il Camiscion de’ Pazzi,5
      Et aspetto Carlin che mi scagioni.
70Poscia vid’io mille visi cagnazzi
      Fatti per freddo; onde mi vien riprezzo,
      E verrà sempre, de’ gelati guazzi.
73E mentre ch’ andavamo in ver lo mezzo,
      Al quale ogni gravezza si raguna,
      Et io tremava nell'eterno rezzo;6

  1. v. 52. C. M. ambe l’orecchi
  2. v. 54. C. M. Perchè cotanto in noi ti
  3. v. 60. C. M. geladina:
  4. v. 62. C. M. con la man
  5. v. 68. C. M. io fui il Camicion
  6. v. 75. C. M. orezzo;
Inf. T. I. 51