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776 | i n f e r n o xxx. | [v. 109-129] |
stro Adamo, ch’avea enfiato il ventre: epa e ventre è una medesima cosa, rimproverò a Sinone che s’era spergiurato, quando fu addomandato del cavallo detto di sopra, E siati reo, che tutto il mondo sallo; cioè abbi a male che ne se’ diffamato1 per tutto il mondo; e qui li rimprovera la manifesta e chiara infamia, che per tutto il mondo è diffamato di questo fatto, secondo che finge Virgilio, benchè altrimenti stesse la verità come pone lo Troiano. E te sia rea la sete onde ti crepa, Disse il Greco, la lingua; cioè rispose Sinone al maestro Adamo, rimproverandoli la infermità ch’avea, che li fosse reo la sete, onde li crepava la lingua, e l’acqua marcia; ch’avea nel ventre, che li facea tenere enfiato il ventre, e l’acqua marcia; ti sia rea, Che il ventre; cioè per la quale il ventre, inanzi alli occhi ti si assiepa; che non ti lascia vedere li tuoi piedi. Allora il monetier: Così si squarcia La bocca tua per mal dir, come sole; fìnge che maestro Adamo rimproverasse a Sinone la mala lingua ch’avea, Che s’io ò sete, et umor mi rinfarcia; cioè l’umor mi riempie, se io ò la sete; ma non gli levava però la sete; e poi ch’à risposta2 alla obiezione fatta a lui, rimpruovera a lui la infermità sua, dicendo: Tu ài l’arsura, e il capo che ti duole; queste due passioni à l’etico; lo caldo grande e il dolore della testa: et a questo aggiugne la sete, e però dice: E per leccar lo specchio di Narcisso; cioè la fonte ove si specchiò Narcisso, quando innamorò della sua immagine, Non vorresti a invitar molte parole; cioè non sarebbe bisogno di dire molte parole a invitarti che tu beessi dell’acqua, che fu lo specchio di Narcisso. Questo Narcisso, secondo che pone Ovidio, Metamorfoseos libro 3, fu uno bellissimo giovane e fu figliuolo di Liriope ninfa, e di Cefiso, e fu di tanta superbia per la sua bellezza che, benchè fosse amato da molte donne, tutte le dispregiava. Questi amato da una ninfa che si chiamava Eco, la dispregiò ancora, onde fu bestemmiato3 che così amasse elli e non avesse la cosa amata; e così addivenne che, essendo questo Narcisso cacciatore, andò a una fonte chiarissima per bere, affaticato per la fatica del cacciare; e chinandosi per bere nella fonte, vide l’imagine sua nell’acqua et innamorassi di quella e non si partì mai dalla fonte, e quivi venne meno per fame; e secondo che pone Ovidio fu mutato in fiore. E per tanto puose l’autore la fonte e l’acqua per lo specchio di Narcisso: imperò che specchiandosi nella fonte, morì.
C. XXX — v. 130-141. In questi quattro ternari l’autor nostro fìnge che Virgilio si crucciasse del suo stare ad attendere a quella villania, che quelli due si diceano come fìnto à di sopra, et aggiugne come di ciò si vergognò, dicendo così: Ad ascoltarli er’io del tutto fisso; dice Dante com’elli era fermo al tutto ad ascoltar quelli due