Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
764 | i n f e r n o xxx. | [v. 13-21] |
Pirro alla sepoltura1 d’Achille suo padre, in vendetta della morte sua, poichè pervennono in Tracia, sì come pone Ovidio, Metamorfosi nel libro 13. Onde Ecuba andando alla piaggia del mare, per lavare lo corpo di Polissena, vide lo corpo del suo figliuolo Polidoro, lo quale essendo piccolino nel tempo della guerra, lo re Priamo avea accomandato al re Polinestorre re di Tracia, cognato suo, e mandatogliele con molto tesoro acciò che, se le cose andassono avverse, questo Polidoro rifacesse la città e lo regno. Ma questo Polinestor non servò2 la fede; e per avere lo tesoro, udita la destruzione di Troia, fece uccidere questo Polidoro alla riva del mare occultamente; per la qual cosa la reina Ecuba, vedendo lo suo figliuolo piccolino morto, nel quale restava la sua speranza, diventò furiosa e cominciò ad abbaiare3 come cane, e mordere qualunque trovava dinanzi da sè; onde i Greci la feciono lapidare, e secondo che pone Ovidio, ella andò così furiosa al detto re Polinestor, e trasseli li occhi della testa e straccioni la faccia. Dice adunque così lo testo: E quando la Fortuna; cioè la ministra di Dio, della quale fu detto di sopra cap. vii, volse in basso; cioè arrecò a disfacimento, L’altezza de’ Troian; ch’erano signori d’Asia, che tutto ardiva; questo dice, perchè i Troiani aveano prima combattuto li Greci, e tolto Elena, Sì che insieme col regno il re fu casso; cioè fatto vano, e venne meno ad una ora il re, e il regno disfatto, Ecuba trista; perduti tanti figliuoli, misera; perduta tanta felicità, e cattiva; perch’era menata dal re Ulisse serva, come l’altre Troiane, Poscia che vide Polissena morta; la qual fu sacrificata da Pirro all’avello4 d’Achille, come già è detto, E del suo Polidoro; il quale avea dato in guardia al suo fratello Polinestor, come è detto, in su la riva Del mar: imperò che sulla piaggia vide il corpo di Polidoro, che si scoperse dalla terra ov’era coperto, secondo che finge Ovidio nel detto libro e luogo, si fu la dolorosa accorta; cioè ch’allora si avvide ch’era morto, Fuorsennata; cioè fuor del senno, cioè insanita e diventata furiosa; questo è vocabolo fiorentino, latrò; cioè abbaiò, sì come cane; cioè siccome abbaia il cane: Tanto dolor le fe la mente torta; dalla ragione umana, vincendo lo dolore la ragione.
C. XXX — v. 22-30. In questi tre ternari l’autor nostro adatta le dette due istorie alla sua similitudine che vuol fare et alla sua intenzione, dicendo che, benchè i Tebani fossono furiosi come detto è, e benchè i Troiani fossono furiosi come detto è d’Ecuba; mai non si vidono tanto crudeli li furiosi Tebani e Troiani, quanto questi due ch’elli pone che vedesse andare correndo per la x bolgia, strac-