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130Ad ascoltarli er’io del tutto fìsso,
Quando il Maestro mi disse: Or pur mira,
Che per poco è che teco non mi risso.12
133Quando il senti’ a me parlar con ira,
Volsimi verso lui con tal vergogna,
Che ancor per la memoria mi si gira.
136E quale è quel che suo dannaggio sogna,
Che sognando desidera sognare,3
Sì che quel ch’è, come non fosse, agogna;
139Tal mi fec’io, non potendo parlare,
Che disiava scusarmi, e scusava
Me tuttavia, e nol mi credea fare.
142Maggior difetto men vergogna lava,
Disse il Maestro, che il tuo non è stato;
Però d’ogni tristizia ti disgrava:
145E fa ragion ch’io ti sia sempre al lato,
Se più avvien, che Fortuna t’accoglia4
Ove sien genti in simigliante piato:
148Chè voler ciò udire è bassa voglia.
- ↑ v. 132. C. M. m’adisso.
- ↑ v. 132. Per poco è; manca poco. E.
- ↑ v. 137. C. M. Che secondo desidera
- ↑ v. 146. C. M. ti coglia
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C O M M E N T O
Nel tempo che Giunone ec. In questo xxx canto tratta l’autore ancora de’ falsatori, e perchè nel passato à trattato de’ falsatori alchimisti, tratta qui delli altri falsatori; e dividesi principalmente in due parti: imperò che prima pone certi falsatori, che come rabbiosi vanno mordendo li altri che sono nella x bolgia; nella seconda pone d’altri falsatori, differenti da questi e da quelli di sopra, et è la seconda, quivi: O voi, che sanza ec. La prima si divide in cinque parti: imperò che prima pone una istoria tebana, acciò che quindi faccia poi la sua similitudine che intende di porre; nella seconda pone una istoria troiana, acciò che di quindi formi ancora la detta