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c a n t o    xxx. 759

103Quella sonò, come fusse un tamburo;
      E maestro Adamo li percosse il volto
      Col pugno suo, che non parve men duro,1
106Dicendo a lui: Ancor che mi sia tolto
      Lo muover delle membra, che son gravi,2
      Ò io il braccio a tal mestiere sciolto.3
109Ond’ei rispose: Quando tu andavi
      Al fuoco, non l’avei tu così presto;4
      Ma sì e più l’avei quando coniavi.4
112E l’idropico: Tu dì ver di questo;5
      Ma tu non fosti sì ver testimonio
      Là ’ve del ver fosti a Troia richiesto.
115S’io dissi il falso, e tu falsasti il conio,
      Disse Sinone, e son qui per un fallo,
      E tu per più che alcun altro demonio.
118Ricordati, spergiuro, del cavallo,
      Rispose quel, ch’avea enfiata l’epa,
      E siati reo, che tutto il mondo sallo.
121E te sia rea la sete onde ti crepa,6
      Disse il Greco, la lingua; e l’acqua marcia
      Che il ventre inanzi alli occhi ti si assiepa.
124Allora il monetier: Così si squarcia
      La bocca tua per mal dir, come sole;7
      Che s’io ò sete, et umor mi rinfarcia,
127Tu ài l’arsura, e il capo che ti duole;
      E per leccar lo specchio di Narcisso,
      Non vorresti a invitar molte parole.8

  1. v. 105. C. M. Col braccio suo,
  2. v. 107. per le membra,
  3. v. 108. C. M. Io abbo il braccio
  4. 4,0 4,1 v. 110-111. Avei; avevi. Nell’imperfetto della seconda e terza coniugazione fu sottratto il v all’ultimo, e si formò avea, dovea, sentia; avei, dovei, sentii e cotali. E.
  5. v. 112. C. M. Dì ben ver di questo;
  6. v. 121. C. M. A te sia reo
  7. v. 125. C. M. per dir mal,
  8. v. 129. C. M. a mutar molte parole.