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752 i n f e r n o   xxix. [v. 121-132]

purgare o per calcinazione, o per distillazione; e purgati, intende poi a conficere insieme con fuoco, o con certe acque o sughi d’erbe ch’alla detta arte fanno bisogno; sicchè chiaro appare che possibile è a chi sa l’arte di fare questa mutazione della forma accidentale; ma io non credo che alcuno sia che la sappia bene: imperò che gran maestria sarebbe a seguitare le opere della natura che in nulla fallisse; onde credo che sia meglio tale arte non imparare, nè usare: imperò che ogni volta cadrebbe l’alchimista nella sofistica, che non è licita; anzi chi l’usa commette falsità e merita d’essere arso, perch’ella mostra quel che non è, come si conosce poi alle pruove del fuoco. E perchè li uomini non intendenti di questo riceverebbono gran danno, però è proibita; et ancora la medicina, che dà alcuna volta l’oro allo infermo o al malato, dando un altro metallo, potrebbe uccidere, e qui ove l’oro potrebbe guarire.

C. XXIX — v. 121-132. In questi quattro ternari pone l’autore una digressione dalla materia, trattando de’ costumi de’ Sanesi; e fa due cose: imperò che prima parla elli, poi induce a parlare l’altro lebbroso di quelli due che indusse di sopra de’ fatti de’ Sanesi, dicendo così: Et io; cioè Dante, dissi al Poeta; cioè a Virgilio: Or fu giammai Gente sì vana, come la sanese? Questo dice indotto da quello Albero sanese, di cui già è detto che volea imparare a volare. Da vanità d’animo procede essere troppo credulo e desiderare le cose impossibili, e seguiri1 i diletti mondani che sono tutti vani che non ànno stabilità, li quali molto seguono li Sanesi, sì come appare in mangiare e in bere, et appresso in porre speranza in quelle cose che non sono per avere effetto; onde l’autor nostro dice nella seconda cantica cap. 13: Tu li vedrai tra quella gente vana Che spera in Talamone, e perderalli Più di speranza, ch’a trovar Diana; Ma pia vi perderanno li ammiralli. E fatta la detta domanda a Virgilio, egli medesimo vi risponde dicendo e facendo comparazione dalli Franceschi a’ Sanesi, che i Sanesi sono assai più vani che i Franceschi, i quali sono detti leggieri per natura, come li Africani ingannevoli e mutevoli, et i Greci pigri. Or dice così: Certo non la francesca; gente, s’intende, ; cioè vana, come la sanese, d’assai; cioè di molto avanzano li Sanesi in vanità li Franceschi. Onde l’altro lebbroso, che m’intese; induce ora a parlare l’altro delli due detti di sopra, Rispose al detto mio; dice Dante, che io avea fatto a Virgilio de’ Sanesi2: Trane lo Stricca; tu, che parli della vanità dei Senesi; e

  1. C. M. seguire li diletti — . Il — seguiri — del nostro Codice è come il fari, soffriri ed altri, viventi sempre nel dialetto siciliano. Iacopo da Lentino ebbe scritto «Non vi porea mai diri Com’era vostro amante» E.
  2. C. M. dei Senesi: — sino — della vanità dei Senesi — correzione, secondo il Magliab. E.