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[v. 103-111] | c o m m e n t o | 729 |
donna de’ Donati, madre della fanciulla promessa, uscì fuori com’era ordinato e disse al giovane del Bondelmonte: Ove vai tu, che se’ così bel giovane? e vai a sposare una bertuccia? Se tu vuoi costei, io la ti darò. Costui accettando, sposò questa figliuola e tornossi a casa co’suoi; onde li Amidei sdegnati e li Uberti e Lamberti e li altri loro seguaci, saputa la cagione, si tennono tutti fortemente ingiuriati da costui, e ristretti insieme feciono consiglio quello che dovessono fare di questo fatto; e dopo molti ragionamenti lo detto messer Mosca, dimostrando con molti argomenti lo grande oltraggio che questo giovane e’ suoi aveano fatto loro, consigliò che questo giovane si dovesse uccidere. E perchè forse era chi dicea una, chi un’altra 1, esso messer Mosca disse: Cosa fatta capo à; quasi volesse dire: Facciasi questo 2, qualche fine avrà poi la guerra. E dato l’ordine, lo giovane fu morto, perchè tutta Fiorenza ne fu divisa e ridotta a parte: chi con l’una setta e chi con l’altra, e per tutta Toscana si dilatò questa maladizione, che chi favoreggiò l’una parte e chi l’altra. E finalmente li Uberti e la parte ghibellina furono cacciati di Firenze; e però finge l’autore che questo messer Mosca, perchè seminò questo scandalo tra cittadini della sua città e del contado, et ancora dell’altre città, sia tagliato come li altri detti di sopra; et ancor più che abbie 3 le mani mozze, perchè diede lo consiglio d’operare le mani all’omicidio; e questa è conveniente pena, e però dice: Et un, ch’avea l’una e l’altra man mozza; cioè messer Mosca, Levando i moncherin per l’aere fosca; cioè oscura, Si che il sangue facea la faccia sozza; cioè per sì fatto modo, che fregandolesi al volto s’imbruttiva il viso di sangue, oltre alle altre ferite ch’avea del naso e dell’orecchie, Gridò: Ricordera’ti ancor del Mosca; cioè quando sarai nel mondo, Che dissi, lasso; cioè dolente! Capo à cosa fatta; cioè quando diede il consiglio che il giovane fosse morto, Che fu mal seme per la gente tosca; cioè di Toscana, che tutta entrò in parte et in divisione per questo, Et io; cioè Dante, li aggiunsi: E morte di tua schiatta: però che i Lamberti et anche li Uberti et altre schiatte assai ne furono disfatti, Perch’elli accumulando duol con duolo; cioè accrescendo dolore con dolore e sì per la gente di Toscana come per la sua schiatta; e segu’a dir: Sen gìo, come persona trista e matta; dice trista: imperò che dato li avea tristizia lo ricordo che li fece l’autore; e dice matta: imperò che da mattia venne a dare tal consiglio, e non guardare lo fine e dire: Cosa fatta capo à.
C. XXVIII — v. 112-126. In questi cinque ternari l’autor nostro