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vincere questo animale; cioè per l’ora del tempo ch’era in su la levata del sole, e la dolce stagione; cioè la primavera: imperò che, quando lo sole è in ariete, è la primavera. E qui secondo la lettera si può dubitare, perchè dica che tale ora1 e tale stagione li fosse cagione di speranza. A che si può rispondere che li fieri animali sono più feroci di notte che il di’, e più ne li altri tempi che nella primavera, perchè allora entrano in amore. E dice: A bene sperar la gaetta pelle; cioè leggiadra e vaga, del detto animale s’intende d’avere la gaetta pelle, e però s’intende di vincere e prendere lo detto animale et ucciderlo: imperò che per la pelle avuta, s’intende preso l’animale e morto. E qui finisce la lettera. Ora è da vedere l’allegoria la quale è questa.
Poi che lo nostro autore à dimostrato sotto la poetica fizione com’era uscito della vita mondana e volea montare all’altezza delle virtù significata per lo monte, dimostra che, come cominciò a salire, fu impedito dal vizio della lussuria significato per la lonza, che è la femina di quello animale che si chiama pardo, che, secondo il Maestro delle proprietadi è lussurioso animale. E dice che non li si partia dinanzi al volto; cioè dinanzi all’appetito sensitivo, anzi impediva tanto la via delle virtù ch’avea presa, che fu per ritornare più volte volto alla via mondana di prima, già da lui lasciata. Alla quale dà tre condizioni, le quali si convengono al detto vizio; cioè ch’avea la pelle sua maculata, la quale significa per li vari colori la varietà de’ pensieri e inganni, che induce questo vizio in chi elli signoreggia, e li vani adornamenti mostranti quel che non è, che portano quelli che in tale peccato s’involgono; e come tal fiera è dilettevole all’apparenzia et è ferocissima, intanto che con salti grandissimi piglia la preda e succia il sangue, del quale è molto vaga; così questo vizio pare al principio dilettevole, ma poi si trova ferocissimo, in quanto consuma il sangue umano, lo quale nel coito si perde e spesse volte nelli sfrenati e stemperati induce la morte. Dice ancora ch’era leggiere: però che la lussuria fa li uomini leggieri, lasciandoli mutare del buono proposito, come si dice d’Aristotile che si lasciò infrenare e mettere2 la sella e cavalcare a una donzella della Reina del re Alessandro. E ultimamente dice ch’era presta molto, a dimostrare che tale affetto subito viene e subito passa dell’animo, et ancora subito passa lo suo diletto, come subito viene; e questo è vero quanto all’atto che si esercita e quanto all’età alla quale questo vizio massimamente signoreggia, che è l’adolescenzia, che tosto passa. E perciò aggiugne che l’ora del tempo e la dolce stagione li davano buona speranza di vincere la detta fiera, signifi-
- ↑ C. M. opera.
- ↑ C. M. ponere.