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704 | i n f e r n o xxvii. | [v. 112-129] |
Piero della Colonna nel cardinalato, li quali prima avea privati della detta degnità del cardinalato e tolto loro il cappello; et ogni altra cosa che domandarono i Colonnesi fece loro, infino a tanto ch’elli ebbe tutte le loro fortezze; e poiché l’ebbe tutte, elli fece disfare Penestrino e perseguitolli da capo, et ebbe allora con questo modo la sua intenzione.
C. XXVII— v. 112-129. In questi sei ternari l’autor nostro compie la narrazione del conte Guido, e pone il modo della sua dannazione quando fu morto, poi che di sopra à posta la cagione, dicendo così e continuando il suo parlare il detto conte: Francesco; cioè san Francesco, la cui religione avea presa, venne, poi com’io fu’ morto; cioè io conte Guido, Per me; cioè conte Guido, ma un de’ neri Cherubini; cioè un demonio che fu dell’ordine delli angeli cherubini, Li disse; cioè a santo Francesco: Non portar; cioè lo conte, non mi far torto; cioè non fare ingiuria a me. Venir sen dee là giù; cioè nell’inferno, tra’ miei meschini; cioè tra’ miei miseri dannati, Perchè diede il consiglio frodolente; qui assegna la cagione della sua dannazione; cioè il consiglio detto di sopra a papa Bonifazio lo quale fu pieno di fraude e d’inganno, Dal quale in qua stato li sono ai crini; cioè io l’ò tenuto per li capelli: Chè assolver non si può chi non si pente; qui dimostra per ragione demostrativa che l’assoluzione del papa detta di sopra non valse: imperò che la forma della penitenzia; cioè l’assoluzione, fu inanzi in atto che la materia; cioè ch’el peccato con la sua disposizione; cioè col pentimento, la qual cosa è impossibile; e questa è ragione demostrativa; e se volessimo dire: E’ v’era già lo peccato: imperò che v’era il pensiere, puossi dire che il pensiere solo non è peccato, se non v’è la deliberazione e il consentimento della volontà; e se queste due cose v’erano, non vi poteva essere lo pentere che contradice alla volontà: imperò che pentere è volere non avere voluto; e volere e non volere sono contradittorie, e le contradittorie non possono essere insieme vere; e però seguita: Nè pentere e volere insieme puossi, Per la contradizion che nol consente; come detto è di sopra, e questa è ragion probabile che la insegna la dialetica dicente che le contradittorie non possono essere insieme vere, nè false. O me dolente! com’io mi riscossi; cioè io conte Guido dal dimonio, Quando mi prese, dicendomi: Forse Tu non credevi ch’io loico fossi; cioè ch’io sapessi le ragioni logicali? A Minos mi portò; cioè al giudice dell’inferno, del quale fu detto di sopra nel quinto canto, e quelli; cioè Minosse, attorse Otto volte la coda al dosso duro; questo dice, per servare la fizione detta di sopra nel detto canto v ove dice: Dico, che quando l’anima mal nata ec. Cingesi con la coda tante volte, Quantunque gradi vuol che giù sia messa; e per questo significa ch’elli fu