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702 i n f e r n o   xxvii. [v. 85-105]

; cioè il detto papa che dovea avere respetto, che a lui non si convenia volere disfare li Colonnesi, e sì per l’uficio ch’avea ch’era papa, e per li ordini sacri ch’avea ch’era sacerdote; e chi à ordini sacri non dee dare opera a spargere lo sangue umano, nè in me quel capestro; cioè in me conte Guido non guardò lo detto papa lo cordone ch’io avea di san Francesco, lo quale è fatto di fune come capestro, a significare che chi lo porta dè avere legato lo corpo e la volontà alla povertà, castità et obedienzia; cioè non guardò ancora a me ch’era religioso dell’ordine di san Francesco che il dovea guardare, che a me non si convenia dare consiglio a sì fatte cose, Che solea far li suoi cinti più macri; questo dice in riprensione de’ frati minori; cioè del detto ordine, che soleano essere anticamente più macri per l’atto della penitenzia, che non erano al tempo di Dante e al tempo di conte Guido, lo quale à indotto a parlare. Ma come Costantin; qui pone una similitudine, dicendo che, come Gostantino imperadore lo quale fu lebbroso, et avendo la notte avuto visione che san Salvestro lo quale era papa, lo potea guarire, come li mostrò san Piero e san Paolo che li apparvono, per ch’elli non avea consentito l’uccisione de’ parvoli, come li diceano li suoi medici, dicendoli che se si bagnasse nel sangue puro de’ fanciulli ch’elli guarrebbe della lebbra; ond’elli volendo innanzi sempre stare lebbroso ch’essere sì spietato, che tanti fanciulli morissono per lui guarire, fece cercare per san Salvestro, lo quale era appiattato in una grotta di uno monte che si chiamava Siratti, per paura dell’imperadore che perseguitava i Cristiani; lo quale venuto a lui lo guarì, battezzandolo e facendolo cristiano, come dice la leggenda sua; così chiese lo papa me, dice il conte Guido, onde dice: Ma come Costantin; imperadore, chiese Silvestro; cioè fece cercare san Salvestro, Dentro Siratti; cioè dentro dalle caverne di quel monte, ancora così chiamato, a guarir della lebbre; ch’elli avea; Così mi chiese questi; cioè papa Bonifazio fece cercare me conte Guido, dentro alli monti della Vernia, ov’io era a far penitenzia, per maestro; cioè come medico, A guarir della sua superba febbre; cioè dal dolore che veniva da superbia ch’elli portava, per ch’elli non potea mettere ad effetto, nè sapea la mala volontà che avea: Domandommi consiglio; il detto papa; et io; cioè conte Guido, tacetti, Perchè le sue parole parver ebbre; cioè piene di malvagità; e questa fu la cagione per ch’io tacetti, parendomi che le sue parole venissono da animo pieno d’ira e di superbia, come l’ebbriaco di vino. E poi ridisse; lo detto papa a me Guido conte, perch’io non li dava risposta: Tuo cor non sospetti; cioè non dubiti: Fin or; cioè infino ad ora, ti assolvo; cioè da ogni peccato, e tu m’insegna fare, Sì come Penestrino in terra getti; cioè com’io