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698 | i n f e r n o xxvii. | [v. 67-84] |
questo, mi prese dicendomi: Tu non credevi ch’io sapessi loica? E così mi menò a Minos giudice dell’inferno; e quelli mi condannò ch’io fussi menato allo detto cerchio nella bolgia del fuoco; per la qual cosa andando, come tu vedi, mi lamento dannato in questo luogo. E, detto questo, dice l’autore che la fiamma si partì dolendosi, nella quale era tormentata l’anima del conte Guido; e dice l’autore che poi continuò lo suo cammino, e ch’egli e Virgilio passarono oltre in su la nona bolgia, al mezzo del ponte che la coperchia, nel quale erano puniti coloro che sono commettitori di discordie, e seminatori di scandali. E qui finisce il canto: ora è da vedere la sentenzia testuale con l’esposizione.
C. XXVII — v. 67-84. In questi sei ternari l’autor nostro finge che il conte Guido da Monte Feltro, lo quale à finto che sia nella fiamma detta di sopra, dica la condizione della vita sua che fu piena di peccati, e la sua conversione, dicendo così: Io; cioè conte Guido, fui uom d’arme; cioè che usai le battaglie 1 e le guerre nel tempo della mia giovanezza, e poi fu’ cordelliero 2; cioè nella mia vecchiezza fu’ frate minore che portai cinta la corda, come il detto ordine richiede. Credendomi sì cinto; cioè del cordone di santo Francesco, fare ammenda; de’ peccati miei: E certo il creder mio veniva intero; cioè ch’io l’avrei fatta, Se non fosse il gran Prete, cioè papa Bonifazio, a cui mal prenda; cioè a cui colga male; e bestemmialo, perchè finge che fosse cagione della sua dannazione, Che mi rimise nelle prime colpe; cioè mi fece ritornare ne’ primi peccati; E come e quare; cioè in che modo e per qual cagione, voglio che m’intenda; cioè voglio che sappi il modo e la cagione. Mentre ch’io forma fui d’ossa e di polpe; cioè mentre ch’io fui nel corpo: l’anima è forma del corpo vivo, e lo corpo è materia; del quale corpo l’ossa e le polpe sono materia, Che la madre mi diè; questo dice, perchè l’uomo benché si generi del seme virile quanto all’ossa et a’ nervi et alle cose d’entro 3, e le cose d’entro di quel della madre; niente di meno si può dire che la madre le dia, in quanto in lei crescono e nutricansi; e poi così cresciute e nutrite, si producono di fuori nel parto, sì che ben si può dire per questo rispetto che la madre dia l’ossa e le polpe, l’opere mie Non furon leonine; cioè l’operazioni mie negli atti bellicosi e guerreschi non furono di gagliardia: imperò che lo leone è animale ardito e gagliardo, però si dicono opere di leone l’opere dell’uomo ardito e gagliardo; ma di volpe; cioè furono fraudulenti: imperò che la volpe è fraudulente animale: si può dire opere volpine l’opere de’ fraudulenti; e per questo manifesta lo peccato suo,