49La città di Lamone e di Santerno1
50 Conduce il leoncel del nido bianco,
51 Che muta parte dalla state al verno:
52E quella, a cui il Savio bagna il fianco,
53 Così com’ella siè tra il piano e il monte,2
54 Tra i tiranni si vive in stato franco.3
55Ora chi se’ ti priego che ne conte:
56 Non esser duro più, ch’altri sia stato,
57 Se il nome tuo nel mondo tegna fronte.
58Poscia che il fuoco alquanto ebbe rugghiato
59 Al modo suo, l’acuta punta mosse
60 Di qua, di là, e poi diè cotal fiato:
61S’io credessi, che mia risposta fosse
62 A persona, che mai tornasse al mondo,
63 Questa fiamma staria sanza più scosse;
64Ma però che già mai di questo fondo4
65 Non tornò vivo alcun, s’i’ odo il vero,
66 Sanza tema d’infamia io ti rispondo.
67Io fui uom d’arme, e poi fu’ cordelliero,
68 Credendomi sì cinto fare ammenda:
69 E certo il creder mio veniva intero,
70Se non fosse il gran Prete, a cui mal prenda,
71 Che mi rimise nelle prime colpe;
72 E come e quare voglio che m’intenda.
73Mentre ch’io forma fui d’ossa e di polpe,
74 Che la madre mi diè, l’opere mie
75 Non furon leonine; ma di volpe.
- ↑ v. 49. C. M. La terra di Lamone
- ↑ v. 53. Siè; siede, proviene dal verbo sere, frammessovi l’i, come in diè, siedo, stiè per dè, sedo, stè ec. E.
- ↑ v. 54. Tra tirannia si vive e stato franco.
- ↑ v. 64. C. M. S’io credesse, che mai risposto fosse