22Perch’io sia giunto forse alquanto tardo,
23 Non t’incresca restare a parlar meco:
24 Vedi che non rincresce a me, et ardo.1
25Se tu pur mo in questo mondo cieco
26 Caduto se’ di quella dolce terra
27 Latina, ond’io tutta mia colpa reco;
28Dimmi, se i Romagnuoli àn pace, o guerra;
29 Ch’io fui de’ monti là intra ad Orbino2
30 E il giogo, di che il Tevero disserra.3
31Io era giuso ancora intento e chino,4
32 Quando il mio Duca mi tentò di costa,
33 Dicendo: Parla tu: questi è Latino.5
34Et io, ch’avea già pronta la risposta,
35 Sanza indugio a parlar incominciai:
36 O anima, che se’ là giù nascosta,
37Romagna tua non è, e non fu mai
38 Sanza guerra nei cuor de’ suoi tiranni;
39 Ma in palese nessuna or vi lasciai.
40Ravenna sta, come stata è molti anni:6
41 L’aquila da Polenta la si cova,
42 Sì che Cervia ricuopre con suoi vanni.
43La terra, che fe già la lunga pruova,
44 E de’ Franceschi sanguinoso mucchio,
45 Sotto le branche verdi si ritrova:
46E il Mastin vecchio, e nuovo da Verruchio
47 Che fecer di Montagna il mal governo,
48 Là dove soglion, fan de’ denti succhio.
- ↑ v. 24. C. M. che ardo.
- ↑ v. 29. C. M. entro ad Orbino
- ↑ v. 30. C. M. Nel giogo, da che il Tever si disserra.
- ↑ v. 31. C. M. in giuso ancora attento
- ↑ v. 33. Il Poeta chiama Latino il conte Guido, perchè il Montefeltro era compreso nell’Esarcato di Ravenna. E.
- ↑ v. 40. C. M. come stette molti anni: