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[v. 34-42] | c o m m e n t o | 673 |
adatta sua similitudine, per la gola Del fosso; cioè per la lunghezza dell’ottava bolgia ch’era a modo d’uno fosso, che nessuna 1 mostra il furto, Et ogni fiamma un peccator invola; cioè et ogni fiamma avea dentro da sè uno peccatore appiattato, che non si dimostrava. E per questo si manifesta la pena che sosteneano quelli dell’ottava bolgia, e però qui vederemo qual peccato si punisce qui e le sue spezie, compagne e figliuole, e le pene che si convengono a tale peccato, e li rimedi che sono contra tale peccato. E prima è da sapere che in questa ottava bolgia si punisce, secondo che finge l’autore, l’ottava spezie della fraude che si chiama fraudulento consiglio: et è fraudulento consiglio quello che viene a danno del prossimo con apparenzia di bene, acciò che non se ne possa guardare, e non s’intende che vegna contra colui al quale à data la fede, che allora sarebbe tradimento, del quale si tratterà nel nono et ultimo cerchio dell’inferno. E le spezie sue sono tre: imperò che il frodolente consiglio o elli si dà a parole, come fece il conte Guido al papa Bonifazio; o elli si dà con atti, come fece Tarquino al messo che gli avea mandato il figliuolo, che abbattea li papaveri più alti con la verga che tenea in mano nell’orto nella presenzia del messo; o elli si dà con iscrittura, come se ne può avere molti esempri. Le sue compagne sono simulazione, bugia, falsità, occultazione e rebellione da virtù: le sue figliuole sono danno dell’avere del prossimo, ruina della sua persona, destruzione di città, guerre, battaglie, divisione d’amici o di fratelli o di compagnie: li rimedi da fuggire sì fatto consiglio sono la carità del prossimo, raffrenamento dello ingegno, come toccò l’autore di sopra, respetto del fine: le pene che si convengono a sì fatto peccato sono discorrimento, fiamme di fuoco, appiattamento nelle fiamme; e queste pene convenientemente, secondo la lettera, finge l’autore essere all’infernali: imperò che degna cosa è che chi è stato turbatore della pace e riposo altrui, non abbia riposo e che sempre discorra; e chi è stato privato della carità del prossimo et à avuto lo ingegno ardente a nuocere, sostenga incendio ed arsione; e chi à operato tale inganno in occulto, sia occulto nel fuoco. Et allegoricamente si truovano queste cose in quelli del mondo, che sempre lo ingegno sta occupato nelli inganni e rei pensieri, e sempre ardono li loro animi di mal desiderio, che lo inganno vegna fatto, e mai non si posano 2 perchè sempre pensano tale inganno.
C. XXVI — v. 43-48. In questi due ternari finge l’autore come
elli stava attento in sul ponte a vedere quelle fiamme ch’à detto di
- ↑ C. M. che nessuna; fiamma, mostra il furto; cioè lo spirito che avea dentro da sè. Et ogni fiamma
- ↑ C. M. riposano
Inf. T. I. | 43 |