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670 | i n f e r n o xxvi. | [v. 13-18] |
gni che vede inanzi, elli già vedea che in corto tempo Firenze dovea avere novità, per quel che Prato s’apparecchiava di fare con l’altre terre di Toscana. E qui finisce la disgressione che à fatto l’autore, per riprendere la sua città.
C. XXVI— v. 13-18. In questi due ternari finge l’autor che si partì della settima bolgia, e montò in sul ponte dell’ottava, e mostra la malagevolezza che fu a ritornare in sul ponte, dicendo: Noi ci partimmo; cioè io Dante e Virgilio, della settima bolgia, e su per le scalee; cioè per la digradazione delli scogli fatti come scale, benchè malagevoli e faticose, come si mostra di sotto, per le quali erano discesi dal ponte; e però dice: Che il buior n’avea fatto scender pria; quasi dica: Le quali scalee noi eravamo scesi: però che per lo buiore d’in sul ponte non potea discernere quel ch’era nella settima bolgia: imperò che qui era oscurità grande, come richiede chi fura o fa ladroneccio, come esposto fu di sopra, Rimontò il mio Maestro; cioè Virgilio, e trasse mee; cioè Dante. E questa fizione si conviene secondo la lettera, considerando quel che detto fu di sopra; ma allegoricamente intende di quelli del mondo che, poi che la ragione è discesa a guidare la sensualità a considerare le pene de’ furi e ladri che d’appresso si convengono vedere, perchè in occulto si fanno, ella si ritorna 1 in alto a considerare li altri peccati e vizi più gravi: imperò che da luogo alto convien che si vegga la viltà del peccato, che si commette per sottigliezza d’ingegno, altrimenti si potrebbe immergere in esso: imperò che se l’intelletto non stesse in alto, non potrebbe comprendere la bassezza del peccato: imperò che il peccato l’accecherebbe sì, che s’imbrutterebbe in esso. E proseguendo la solinga via; cioè io Dante e Virgilio; e dice solinga: però che nell’inferno è solitudine: imperò che quivi non sono corpi, et èvi silenzio; et a dimostrare che ciascuno sta nel suo luogo ove è punito, e non si va discorrendo, e però dice così. Ma allegoricamente intende che nel mondo pochi sono che vadano considerando la viltà de’ peccati sì, che tal via è solinga. Tra le scheggie e tra’ rocchi dello scoglio; cioè della pietra che passa l’ottava bolgia in modo di ponte; e così dimostra la malagevolezza che è a partirsi dal peccato: che sia scheggia e rocco fu posto 2 di sopra; parte sono di pietre grandi di monti, fatte alte a modo di rocchetti, e parte per lungo a modo di scheggia di legna. Lo piè sanza la man non si spedia; manifesta la malagevolezza del luogo, dicendo che sì erano aspre quelle pietre, che il piè non si spacciava, se la mano non s’afferrava o appoggiava; e per questo vuole allegoricamente significare che dal furto e ladroneggio non si spaccia l’affetto, che è significato da’ piedi, sanza la mano; cioè sanza l’opera, che è significata per la mano.