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dentro ec. La prima, che sarà la prima lezione, si divide tutta in otto parti, perchè prima, dipartendosi dalla sua materia, pone una 1 detestatoria esclamazione, o vero reprensione, alla sua città di Fiorenza, nella quale profetezza 2, o vero annunzia, di spaventare la sua città di male che li dee avvenire; nella seconda pone lo suo dipartimento della settima bolgia, e l’avvenimento all’ottava, quivi: Noi ci partimmo, ec.; nella terza pone come ebbe pentimento d’avere esteso lo ingegno al male più, che non dovea, quivi: Allor mi dolsi, ec.; nella quarta pone una similitudine, quivi: Quante il villan ec.; nella quinta pone un’altra similitudine, quivi: E qual colui, ec.; nella sesta pone come stava assiso a guardare ciò che vedea nell’ottava bolgia, e come Virgilio sanza domanda lo dichiara, quivi: Io stava ec.; nella settima Dante domanda d’alcuna 3 anima che vede divisa, quivi: Maestro mio, ec.; nell’ottava risponde Virgilio, quivi: Rispuosemi: ec. Divisa la lezione, è da vedere la sentenzia litterale la quale è questa.
Poiché l’autore à dimostrato nel canto precedente come trovò nella settima bolgia cinque cittadini fiorentini, schernendo la sua città, dice incominciandosi così: Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande, che batti l’alie per mare e per terra, et ancora per l’inferno si stende il tuo nome; ecco la prova 4: Tra li ladroni trovai cinque cotali tuoi cittadini, ond’io me ne vergogno e tu ancora non ne acquisti onore; ma se li sogni che vengono presso al mattino sono veri, tu sentirai innanzi a picciol tempo di quel che Prato ti minaccia, non ch’altri; e se ora fosse, non sarebbe troppo tosto: così foss’elli ora, poi che pur deve essere, che più mi graverà quanto più s’indugia. E poi ch’à detto questa profezia, dice che si partirono della settima bolgia, e dice che rimontarono in su la proda della settima bolgia ond’erano scesi; e dice, ch’andando per quella via solinga tra le scheggie e tra i ronchi dello scoglio, non potea andare coi piè che non s’appoggiassono con le mani. E vedendo l’ottava bolgia e quello ch’era in essa, si dolse allora, et ancora quando questo scrisse, ricordandosi di quel ch’avea veduto, e raffrenava lo ingegno suo sì, che non trascorresse per sua prestezza sanza la virtù: imperò che elli stessi sel potea togliere, e così ciascuno si può torre lo bene dell’ingegno che gli è dato da costellazione o da altra cosa megliore; cioè Idio, quando discorrea sanza lo guidamento della virtù. E ciò dice per quelli di che tratterà di sotto, che furono ingegnosissimi uomini et aoperaronlo in male, come apparirà quando si sporrà la lettera puntualmente: et aggiugne poi una similitudine che, come il