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c a n t o xxvi. | 665 |
124E volta nostra poppa nel mattino,
De’ remi facemmo ale al folle volo,
Sempre acquistando dal lato mancino.
127Tutte le stelle già dell’altro polo
Vedea la notte, e il nostro tanto basso,
Che non surgea fuor del marin suolo.
130Cinque volte racceso, e tante casso
Lo lume era di sotto della luna,
Poi ch’entrati eravam nell’altro passo,1
133Quando v’apparve una montagna, bruna2
Per la distanzia, e parvemi alta tanto,
Quanto veduta non avea alcuna.
136Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto:3
Chè della nuova terra un turbo nacque,
E percosse del legno il primo canto.
139Tre volte il fe girar con tutte l’acque,
Alla quarta levar la poppa in suso,
E la prora ire in giù, com’altrui piacque,
142In fin che il mar fu sopra noi richiuso.
- ↑ v. 132. nell’alto passo,
- ↑ v. 133. C. M. n’apparve
- ↑ v. 136. Tornò in pianto; costruzione intellettiva, derivataci dai Greci. Qui il soggetto del verbo vuolsi dedurre dal contesto; l’allegrezza tornò in pianto. E.
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C O M M E N T O
Godi, Fiorenza, ec. In questo xxvi canto tratta l’autore dell’ottava bolgia, nella quale finge ebe sieno puniti li frudulenti 1; e dividesi questo canto in due parti principali, perchè prima pone come
passarono all’ottava bolgia, e quel che quivi trovarono; nella seconda
parte pone la preghiera di Dante a Virgilio, che volle avere notizia
d’alcuni spiriti di quella bolgia, et incomincia quivi: S’ei posson
- ↑ C. M. fraudulenti;