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i n f e r n o xxv. |
[v. 136-141] |
del serpente; e dicono li Naturali che questo addiviene per la lingua biforcuta, onde quando fischia muove sempre la lingua e così
genera lo fischio dibattendo l’aere col suo fiato, et interrompendo, si fuggì per la valle; della bolgia, E l’altro; cioè messer Francesco,
che di serpente era tornato uomo, dietro a lui; cioè a messer Buoso,
ch’era fatto serpente, parlando sputa; questi sono atti propi dell’uomo: niuno altro animale parla e sputa se non l’uomo, come niun
altro animale sufola 1 se non lo serpente; e questo vuole l’autor dimostrare che il serpente verisimilmente era trasmutato in uomo e l’uomo in serpente. Poscia li volse; cioè messer Francesco, fatto uomo, si volse verso il compagno rimaso, che non era mutato, e volse le spalle a messer Buoso ch’era fatto serpente; e però dice le novelle spalle; cioè fatte di nuovo: però che prima era serpente e non avea spalle umane. E veramente mettendomi a congetturare, io penso non perch’io n’abbia trovato niente da altrui, che l’autore volle dimostrare che tra messer Buoso e messer Francesco fosse fatta compagnia di furare, mentre che furono in questa vita, e che furassono 2 a vicenda ora l’uno et ora l’altro; e però l’autore, per dimostrare questo allegoricamente, abbia fatta la detta fizione: et a chi non piace questo intendimento, pigli li altri che sono detti di sopra. E disse all’altro; cioè a messer Puccio Sciancato, ch’era rimaso che
non era mutato, che forse fu di loro compagnia; ma non andava a
furare, benché consentisse e participasse con loro; e però finge che
non era mutato: Io; cioè messer Francesco, vuo’ che Buoso; cioè
voglio che messer Buoso, del quale fu detto di sopra, corra; fatto
serpente, Com’ò fatt’io; cioè messer Francesco, carpon; cioè boccone, per questo calle; cioè per questa bolgia. Così vid’io; cioè Dante, la settima zavorra; cioè la settima bolgia ov’erano li furi, Mutare; d’una figura in un’altra, e trasmutare; cioè avvicendevolmente or l’uno, or l’altro, e qui mi scusi; dice l’autore che per la novità della materia dee essere scusato; e però dice: La novità; cioè della materia, se l’autore à usato le mutazioni qui e non altrove 3, non’è maraviglia: imperò che li furi sono quelli che più si 4 trasfigurano ch’altra gente, per non essere conosciuti, come finge Ovidio, Metamorfoseos, se fior la penna; cioè se alquanto lo scriver mio e il modo del dire, aborra; cioè acciabatta e non dice così ordinato, come altrove, nè così a punto; et ancora similmente scusi me Francesco da Buti, sopra detto esponitore del detto autore, se io non avesse esposto questo passo, tanto pienamente al piacere delli lettori.
- ↑ C. M. animale sibila se non
- ↑ C. M. che fusseno a
- ↑ C. M. non altro, non
- ↑ C. M. quelli che simulano, per non essere