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656 | i n f e r n o xxv. | [v. 121-135] |
cioè del serpente, ch’eran corti, Tanto allungar; vidi’io Dante, quanto accorciavan quelle; cioè dell’uomo. Poscia li piè di retro insieme attorti; cioè del serpente, Diventaron lo membro che l’uom cela; cioè lo membro virile, E il misero; cioè l’uomo, del suo n’avea; cioè membro, due; cioè piedi, porti; cioè stesi, quanto si convenia a serpente. Mentre che il fumo; ch’uscia dalla ferita e della bocca del serpente, l’uno e l’altro vela; cioè lo serpente e l’uomo cuopre, Di color nuovo: però che l’uomo pigliava color di serpente, e lo serpente colore d’uomo, e genera il pel suso; cioè nelle parti umane dove dè essere al serpente che si facea uomo, Per l’una parte; cioè dalla parte del serpente, e dall’altra; cioè parte umana, che diventava serpente, dipela; cioè perdea lo pelo, perchè lo serpente non à peli.
C. XXV — v. 121-135. In questi cinque ternari l’autor nostro seguita e compie la cominciata trasmutazione, dicendo: L’un; cioè lo serpente che diventava uomo, si levò; cioè in piedi, e l’altro; cioè l’uomo che diventava serpente, cadde giuso; cioè boccone in terra, Non torcendo però; benché fosse caduto giù, e colui levato, le lucerne empie; cioè li occhi, coi quali l’uno ragguardava l’altro, Sotto le quai; cioè lucerne, ciascun cambiava muso; cioè naso e volto. E qui è da notare che l’autore dimostra qui l’allegorico intelletto, ch’elliebbe in questa trasmutazione, ponendo che per lo ragguardare l’uno l’altro, l’uno si trasmutasse nell’altro: imperò che ragguardare l’uno l’altro non è altro che pigliare esempro dall’altro sì, che l’uno lo piglia in bene, l’altro in male; cioè vedendo messer Buoso la fraudulenzia di messer Francesco nell’atto del furare, venneli in cuore d’usarla et usolla; et a questo modo diventò serpente: e vedendo messer Francesco la vita di messer Buoso esser semplice e ragionevole, come d’uomo ragionevole si dispose a lasciarla, e lasciolla per alcuno tempo e così diventò uomo; ma perchè poi ancora vi ricadea, come messer Buoso se ne cessava, però finge l’autore che facesse trasmutazione nell’altro avvisandosi, per mostrare allegoricamente la vicendevole mutazione ch’era stata nel mondo tra loro e li loro pari: imperò che, benché sempre sieno abituati a furare e sempre lo desiderino; pur alcun tempo stanno che non furano, forse tanto quanto basta e dura lo furato, et intanto si dimostrano con li atti di fuori e col parlare e con altre viste uomini ragionevoli: e li altri vedendo godere costoro, si mettono a furare per esempro di costoro; e così diventono serpenti, usando le fraudi intorno al furto. Quel ch’era dritto; cioè il serpente che si faceva uomo, il trasse in ver le tempie; cioè ritrasse lo muso steso in lungo 1 a dietro a fare le tem-
- ↑ C. M. in lungo adatto a fare le tempie, per diventare faccia d’uomo,