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648 | i n f e r n o xxv. | [v. 67-78] |
arbori, le sue; cioè membra: Poi s’appiccar; lo serpente e l’uomo, come di calda cera Fossero stati; l’uno e l’altro, e mischiar lor colore; cioè l’umano col serpentino, et e converso, Nè l’un, nè l’altro già parea quel ch’era: imperò che in questi così fatti lo inganno si mescola sì con l’umanità, che l’uno non si può conoscere dall’altro. Come procede inanzi dall’ardore; fa qui una similitudine che, come quando arde la candela, innanzi che arda lo lucignolo sbianca 1, et escene uno fummo che va annerendo lo lucignolo, e poi si stende nell’annerato lo fuoco, et incendendolo s’arrossisce, e poi lo incenera et imbiancalo; così facea lo colore del serpente, che a poco a poco pigliava et occupava lo colore umano e la sua apparenzia, e poi lo copria lo colore serpentino, e l’ardore è cagione di quel colore 2 che n’era cagione lo serpente aggiunto, che offuscava lo colore dell’umanità; ma non in tutto: imperò che appariva alcuno colore d’umanità; e questo significa la discrezione, che pur rimane in sì fatti furi, che non furano ogni cosa, nè a ognuno, nè in ogni tempo, Per lo papiro; cioè lucignolo della candela, ovvero della lucerna, innanzi ch’arda, suso; cioè da quindi, onde incomincia lo fuoco, in suso in verso la punta, un color bruno, Che non è nero ancora; ma bene abbrunisce, poi et annerisce, e il bianco more; subito che il fuoco vi s’appiglia.
C. XXV — v. 67-78. In questi quattro ternari l’autor nostro finge come i compagni nominarono quello congiunto col serpente, del quale fu detto di sopra, dicendo: Li altri; cioè li due compagni ch’erano venuti con lui, lo riguardavano; maravigliandosi della trasmutazione, e ciascuno Gridava: O me! Agnel, come ti muti! Ecco che poeticamente l’autore à indotto li compagni a nominare lo trasmutato, e finge l’autore che questi fosse messer Agnello de’ Brunelleschi da Firenze, lo quale non à mostrato di nominare elli, o perchè non fu noto di lui, o perchè non era sì onesto. Vedi che già non se’ nè due, nè uno; perchè la figura mostrava che fossono due, e lo corpo mostrava essere uno. E questa è fizione quanto alla lettera; all’allegoria s’intende che questi così fatti uomini non sono due: imperò che ciascuno è uno subietto: e non sono uno, perchè non tanto fanno opere d’uomo ragionevole; ma usano fraude di demonio sì, che sono uomini e demoni: uomini, usando alcuna discrezione, come detto è; dimoni, usando la sua fraude. Già eran li due capi; cioè l’umano e il serpentino, un divenuti; cioè fatto uno capo: imperò che una è la determinazione; cioè di furare e togliere con inganno, Quando n’apparver due figure miste; cioè l’umana e serpentina, In una faccia;