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646 | i n f e r n o xxv. | [v. 46-66] |
erano persone ch’elli avesse conosciuto, nè che per scrittura avesse di loro avuto notizia, se non che li udì già nominare ad altrui Se non quando gridar; essi tre spiriti, dicendo a me et a Virgilio; Chi siete voi; cioè Virgilio e Dante? Perchè; cioè per la qual domanda di questi spiriti, nostra novella; cioè che Virgilio dicea di Cacco, si ristette; cioè si rimase, Et intendemmo pur ad essi poi; cioè Virgilio et io lasciammo la prima materia di Cacco, et intendemo 1 a trattare di questi tre spiriti e delli altri loro compagni. Io; cioè Dante, non li conoscea; finge questo Dante che non li conoscesse, perchè non erano stati nel suo tempo, nè erano uomini nominati dalli autori, ma el seguette, Come suol seguitar per alcun caso; ecco che poeticamente induce loro a nominarsi, Che l’un nominar l’altro convenette; ecco che dichiara in che modo si nominarono, Dicendo; cioè tra loro: Cianfa dove fia rimaso? Questi fu messer Cianfa de’ Donati da Firenze, lo quale fu diffamato 2 del peccato del furto; ma di quale spezie fosse non si dichiara per lo testo: imperò che non pone che pena avesse. Perch’io; cioè Dante, udendo nominare uno mio notabile cittadino, a ciò che il Duca stesse attento; cioè Virgilio, e notasse chi erano costoro: imperò che Virgilio significa la ragione, come più volte è già detto, e cautamente induce loro a nominar sè stessi, per non mostrare che sia elli quello che li nomini, Mi puosi il dito su dal mento al naso; questo è uno atto che l’uomo fa, quando vuole ch’altrui stia cheto et attento, quasi ponendo stanga e chiusura alla bocca.
C. XXV — v. 40-66. In questi sette ternari l’autor nostro comincia a trattare della pena de’ furi della seconda spezie, li quali sono abituati a esser furi e sempre pensano di furare; ma usano alcuna discrezione, non furando ogni cosa, nè a ognuno, nè in ogni luogo; e la pena di costoro finge l’autore che sia comunicarsi col serpente e farsi una cosa con lui, e dichiara nel testo il modo. E questa è conveniente pena a sì fatti furi: imperò che, siccome sempre ànno avuto l’animo del furare, e sempre ànno pensato di furare et ànnoci usato alcuna ragione; così stieno congiunti col serpente; cioè col demonio, che di ciò li à tentati sì, come sono congiunti con la sua fraude mentre che sono vivuti. Ma allegoricamente intende di quelli del mondo, i quali quando caggiono in tanta viltà d’animo, che si dispongano ad esser furi, si congiungono con la fraude per sì fatto modo, che sempre stanno con essa; et è sì mescolata la ragione umana con la fraude, che non si possono dire nè uomini, nè serpenti; e questa è l’intenzione dell’autore, e però vedremo il testo, toccando sempre l’allegorie ove fia bisogno. Dice adunque: Se tu se’ or, Let-