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c a n t o   xxv. 635

19Maremma non cred’io, che tante n’abbia,
      Quante bisce elli avea su per la groppa,
      Infìn dove comincia nostra labbia.
22Sopra le spalle, dietro dalla coppa,
      Con l’ali aperte gli giacea un draco,1
      E quello affuoca qualunque s’intoppa.
25Lo mio Maestro disse: Quelli è Caco,
      Che sotto il sasso di monte Aventino
      Di sangue fece spesse volte laco.1
28Non va co’ suoi fratei per un cammino,
      Per lo furar fraudulente che fece2
      Del grande armento, ch’elli ebbe a vicino;
31Onde cessaro le sue opere biece
      Sotto la mazza d’Ercole, che forse
      Gliene diè cento, e non sentì le diece.
34Mentre che sì parlava, et el trascorse,3
      E tre spiriti vennor sotto noi,45
      De’ quai nè io, nè il Duca mio s’accorse,
37 Se non quando gridar: Chi siete voi?
      Perchè nostra novella si ristette,
      Et intendemmo pur ad essi poi.
40Io non li conoscea; ma el seguette,6
      Come suol seguitar per alcun caso,
      Che l’un nominar l’altro convenette,

  1. 1,0 1,1 v. 23-27. Draco e drago, laco e lago dicevano gli antichi e nel verso e nella prosa, come noi tuttora usiamo Federico e Federigo, aco e ago e simili. E.
  2. v. 29. C. M. Per lo furto che fraudolente fece
  3. v. 34. C. M. le suo parole biece
  4. v. 35. venner verso noi,
  5. v. 35. Vennor, oggi meglio vennero; ma in antico per eguaglianza di cadenza qualunque coniugazione aveva il perfetto in oro. E.
  6. v. 40. Seguette. Consueta riduzione d’un verbo della terza coniugazione alla seconda. Il perfetto in ette della seconda fu il tipo, a cui si adattarono molti verbi; quindi convenette, fuggette, odette e altri. E.