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632 | i n f e r n o xxiv. | [v. 130-141] |
vere lo podestà di questo, si diliberarono i parenti di mettersi a pericolo et ardere il palagio del podestà. Innanzi a quel di’ venuta questa novella alli orecchi di Vanni Fucci, ch’era nel contado di Fiorenza a monte Carelli: era molto amico di questo Rappino et increscendoli che dovesse morire non avendoci colpa, segretamente fece dire a messer Francesco ch’egli andasse a parlare con lui, ch’elli farebbe campare il figliuolo. E però andatovi prestamente, disse che dicesse al podestà, se volea trovare lo furto facesse trovare 1 ser Nanni predetto, notaio. Allora messer Francesco subito n’andò, e fu al podestà e disseli il fatto. Il podestà mandò cercando questo ser Nanni, e fu trovato alla chiesa de’ frati predicatori a uno sermone che si facea lo primo lunedi’ di quaresima; et essendone menato questo ser Nanni, tutta la città mormorava del podestà, et ancora tutti quelli del sermone, dicendo che non facea bene ad infamare li buoni uomini. Questo ser Nanni, come fu dinanzi al podestà, confessò ogni cosa sanza alcuno tormento, e manifestò tutti i compagni, e disse che più e più volte solo et accompagnato vollono portare le dette cose fuori di Pistoia, et ogni volta che appressavano alla porta, parea loro vedere l’officiale del podestà, che cercasse qualunque uscia fuori; e questo li facea tornare a dietro sì, che mai non poterono trarre nulla fuori della città. Allora lo podestà, trovato lo furto e li malefattori, mandò cercando per loro e non ne potè giugnere alcuno, perchè tutti fuggirono, quando vidono preso ser Nanni; onde fatto restituire lo furto alla sacrestia, di lui fu fatto quello che giustizia richiedea; e però dice: E il peccator; cioè Vanni Fucci, che intese; ciò ch’io Dante dicea, non s’infinse; per non esser conosciuto; Ma drizzò verso me; Dante, l’animo e il volto; suo, E di trista vergogna si dipinse: imperò che diventò rosso; la qual cosa li diede tristizia. Poi disse; a me Dante: Più mi duol, che tu m’ài colto Nella miseria dove tu mi vedi, Che quando fui dell’altra vita tolto. Qui si può intendere che morisse di morte violenta, in quanto dice tolto; et ancor si potrebbe intendere di naturale: imperò che, quando piace a Dio, l’anima è tolta 2 dal corpo; ma propiamente non si dee dire tolto, se non quando è morte violenta: imperò che, quando è morte naturale, se n’esce per legge di natura, e rade volte addiviene che ne campino li suoi pari. Io non posso negar quel che tu chiedi; dice Vanni Fucci a Dante; cioè ch’io non ti dica la colpa, che qua giù mi mena: imperò che tacendo, la verità si dimostra per sè medesimo, e lo luogo n’è dimostratore. In giù son messo tanto; cioè tra li furi e non nel settimo tra li violenti, perch’io fui; cioè io Vanni Fucci, Ladro alla