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i n f e r n o xxiv. |
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cendo che più ve n’era che nel deserto di Libia e nell’Etiopia e nell’Asia; e però dice che Più non si vanti Libia con sua arena; cioè col suo diserto arenoso: Libia è una parte dell’Africa, La quale Africa è una delle tre parti del mondo, et è la Libia vicina alla torrida zona, che è inabitabile in alcuna parte per lo troppo caldo; e però è troppo arenoso, o vero tutta 1: è ivi uno diserto arenoso ove è grande copia di serpenti di diverse spezie, come dice Lucano quando descrive la via che fece Catone col suo esercito, delle quali alcune ne nomina l’autore nostro nel testo, dicendo: Chè, se chelidri; questa è una specie di serpenti, che stanno in terra et in acqua e fa fumare la via onde passa, e sempre va diritto, che se torcesse creperebbe, iaculi; questa è un’altra spezie che si lancia, e trafora quel che percuote, come una lancia o una saetta, e faree; questa è una spezie che va ritta, e solamente strascina la coda per terra, Produce; cioè Libia detta di sopra, e chencri; questa è una specie di serpenti, che sempre va torcendosi e non va mai dritto, con anfisibena; questa è una spezie di serpenti che à due capi, uno d’inanzi, e l’altro di rietro ove dovrebbe essere la coda; e di questi e d’altri fa menzione Lucano nel nono libro, Nè tante pestilenzie, nè sì ree Mostrò; Libia, come quelle dell’inferno, già mai con tutta l’Etiopia; Etiopia è ancora una parte d’Africa, ove sono li uomini neri per lo caldo del sole, et è in due luoghi in verso levante et in verso ponente, perchè in mezzo di queste due Etiopie è lo diserto di Libia
ove sono li serpenti: sono ancora nell’Etiopia serpenti assai e di
diverse maniere, Nè con ciò che di sopra al mar rosso ee; cioè nella
sommità dell’Asia, ove dice Solino che è grande copia d’oro e di
gemme preziose, che è guardata da’ dragoni e da’ serpenti di diverse
spezie: lo mar rosso divide, andando per mezzo, l’India e l’Arabia, et
è rosso quel mare per lo terreno e non per l’acqua, et è un braccio
di mare che esce del mare oceano dalla parte d’oriente, et entra
nella terra e dividela infino all’Egitto. Tra questa cruda e tristissima copia; di serpenti che detta è, Correvan genti nude e spaventate;
da questi serpenti, Sanza sperar pertugio; cioè di trovare buco, ove
si potessino appiattare, o elitropia; questa è una pietra, che secondo
che dice il Lapidario, vale contro a’ veleni, sicché questi 2 miseri peccatori non sperano rimedio alle morsure e punture dei serpenti. Qui comincia l’autore a trattare del peccato ch’elli finge, che si punisca in questa settima bolgia, e della pena che per convenienzia adatta al detto peccato; e però innanzi che andiamo più oltre, è da sapere che l’autore finge che in questa settima bolgia si punisca lo peccato del furto; e perchè, secondo lo comune parlare non si diver-
- ↑ C. M. però è tutta arenosa: et è ivi
- ↑ C. M. sicché li miseri