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[v. 34-57] | c o m m e n t o | 619 |
sospinta dalla ragione può uscire di tal peccato, Potavam su montar di chiappa in chiappa; cioè di pietra in pietra: montasi suso, quando s’esce 1 del peccato e della sua considerazione con gradi di costanzia, e questo intende l’autore nelle parole dette.
C. XXIV — v. 34-45. In questi quattro ternari l’autor nostro fìnge che con fatica uscissono della sesta bolgia, dicendo: E se non fosse, che di quel procinto; cioè circuito, cioè della ripa d’entro della sesta bolgia, Più che dell’altro; cioè di quel di fuori, era la costa corta; sì che la salita era minore, Non so di lui; cioè di Virgilio quel che si fosse stato, ma io sarei ben vinto; io Dante dalla malagevolezza dell’uscire. Et assegna la cagione, perchè la ripa d’entro è più bassa che quella di fuori. Ma perchè Malebolge; cioè l’ottavo cerchio, che così lo nominò l’autore di sopra cap. xviii, in ver la porta Del bassissimo pozzo; cioè del nono cerchio che tanto stringe, perchè è al centro della terra che pare un pozzo, tutta pende; inverso la porta del nono cerchio, Lo sito; cioè la locazione, di ciascuna valle; di quelle x bolgie dette di sopra, porta; questo che seguita, Che l’una costa surge; cioè quella di fuori alza, e l’altra scende; cioè quella di d’entro abbassa, Noi; cioè Virgilio et io Dante, pur venimo al fine; cioè all’ultimo, in su la punta; della ripa, Onde l’ultima pietra; ch’era la fine del ponte, si scoscende; in su l’argine. Aggiugne l’autore la sua debolezza, dicendo: La lena m’era del polmon sì munta; qui dimostra secondo la Fisica come l’uomo viene meno per la troppa fatica. Et è da notare che il polmone è uno membro interiore del corpo umano, che sempre batte e fa vento al cuore, e quando l’uomo più si fatica, più batte: imperò che il cuore à bisogno di maggiore esaltazione per la fatica che prima; e battendo molto si secca per lo continuo movimento, intanto che non può battere più et allora l’uomo spasima, perchè il cuore non à più esaltazione; et avendo l’uomo bere, non spasimerebbe, e però dice l’autore che la lena del polmone; cioè il raccoglimento del fiato, era sì venuto meno, Quand’ io; cioè Dante, fui su; in su l’argine, ch’io non potea più oltre; cioè andare, Anzi m’assisi; cioè mi posi a sedere, nella prima giunta; cioè com’ io giunsi su.
C. XXIV — v. 46-57. In questi quattro ternari finge l’autor nostro come Virgilio li fece una bella esortazione, dicendo: Omai; cioè oggimai, convien che tu così ti spoltre; cioè ti spoltronischi per sì fatto modo, Disse il Maestro; cioè Virgilio: chè seggendo in piuma; cioè per sedere ad agio in guanciale 2 o piumaccio, In fama non si vien; cioè in nominanza laudabile, nè sotto coltre; giacendo ancor non si viene in fama, nè in pregio; potrebbe ancor dire lo testo