Pagina:Commedia - Inferno (Buti).djvu/655


c a n t o   xxiv. 611

127Et io al Duca: Dilli che non mucci,
      E domanda qual colpa qua giù il pinse:
      Ch’io il vidi uom già di sangue e di corrucci.
130E il peccator, che intese, non s’infinse;1
      Ma drizzò verso me l’animo e il volto,
      E di trista vergogna si dipinse.
133Poi disse: Più mi duol, che tu m’ài colto
      Nella miseria dove tu mi vedi,
      Che quando fui dell’altra vita tolto.
136Io non posso negar quel che tu chiedi:
      In giù son messo tanto, perch’io fui
      Ladro alla sacrestia de’ belli arredi;
139E falsamente già fu apposto altrui.
      Ma perchè di tal vista tu non godi,
      Se mai sarai di fuor de’ luoghi bui,2
142Apri li orecchi al mio annunzio, et odi:
      Pistoia pria de’ Negri si dimagra;3
      Poi Fiorenza rinnuova genti e modi.
145Tragge Marte vapor di Val di Magra,
      Che di torbidi nuvoli è involuto,4
      E con tempesta impetuosa et agra4
148Sopra campo Picen fia combattuto;
      Ond’ei repente spezzerà la nebbia,5
      Sì ch’ogni Bianco ne sarà feruto;
151E detto l’ò, perchè doler ti debbia.6

  1. v. 130. C. M. non si finse;
  2. v. 141. C. M. fuor da’ luoghi
  3. v. 143. C. M. in pria de’ Neri
  4. 4,0 4,1 v. 146-7. C. M. Che da turbidi nuvoli involuto, E con tempesta
  5. v. 149. C. M. spesserà
  6. v. 151. C. M. E dicolo, perchè