103E poi che fu a terra sì destrutto,
104 La polver si raccolse per sè stessa,
105 E in quel medesmo ritornò di butto.1
106Così per li gran savi si confessa,
107 Che la Fenice muore e poi rinasce,2
108 Quando al cinquecentesimo anno appressa.
109Erba, nè biado in sua vita non pasce;3
110 Ma sol d’incenso lagrime et amomo;
111 E nardo e mirra son l’ultime fasce.
112E quale è quei che cade, e non sa como,4
113 Per forza di demon ch’a terra il tira,
114 O d’altra opilazion che lega l’uomo,5
115Quando si leva, che intorno si mira,
116 Tutto smarrito della grande angoscia6
117 Ch’elli à sofferta, e guardando sospira;
118Tale era il peccator levato poscia.
119 O potenzia di Dio, quanto è severa,
120 Che cotai colpi per vendetta croscia!
121Lo Duca il domandò poi, chi egli era;
122 Perch’el rispuose: Io piovi di Toscana,7
123 Poco tempo è, in questa gola fiera.
124Vita bestial mi piacque, e non umana,
125 Sì come a mul ch’io fui: son Vanni Fucci
126 Bestia, e Pistoia mi fu degna tana.8
- ↑ v. 105. C. M. E quel medesmo
- ↑ v. 107. C. M. lo Fenice
- ↑ v. 109. C. M. biada
- ↑ v. 112. Como; derivato dal latino quomodo, presso gli antichi frequente in verso e in prosa. E.
- ↑ v. 114. C. M. oppilazion
- ↑ v. 116. C. M. per la grande
- ↑ v. 122. Io piovi; ora piovvi nel perfetto, è la naturale piegatura dell’infinito piovere, come sarebbe altresì bevi da bevere, e movi da movere; ne’ quali tutti potrebbe dirsi che viene sotratta l’ e, piovei, bevei. L’uso vuole che ne’ primi due si raddoppi il v, affine di cessare ogni equivocazione, e all’altro dà una diversa cadenza. E.
- ↑ v. 126. C. M. a me fu degna tana.