Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
604 | i n f e r n o xxiii. | [v. 133-148] |
lendo uscire della bolgia per andare nell’altra più bassa, ch’uscissono in verso man destra, giace alcuna foce; cioè è rovinata la ripa in alcun luogo sì, che noi possiamo uscire di questa bolgia della quale non poteano uscire perchè la ripa era alta, Onde noi amendu’ possiamo uscirci; cioè io Virgilio e Dante di questo fondo della bolgia, Sanza costringer degli angeli neri; cioè de’ dimoni, Che vegnan d’esto fondo a dipartirci; cioè a cavarci quinci; e questo finge, per mostrare che alla potenzia di Dio ogni cosa è sottoposta; cioè li demoni, li angeli, li uomini e tutte le creature. C. XXIII — v. 133-141. In questi tre ternari l’autor nostro finge come frate Catalano rispose alla domanda di Virgilio, dicendo: Rispose adunque; frate Catalano, il quale à introdotto a parlare di sopra: Più che tu; cioè Virgilio, no speri, S’appressa un sasso, che dalla gran cerchia; cioè da quella che circunda tutte le bolgie, Si muove; quel gran sasso che detto è, e continuasi sopra tutte le bolge sì, come ponte, e varca; cioè valica, tutti i vallon feri; cioè tutte le bolge che sono x, come detto fu di sopra cap. xviii, dall’ottavo cerchio infino al pozzo che è lo fondo dell’inferno, sono prodotti alcuni scogli che valicano e fanno ponti sopra tutte le bolge, salvo che sopra questa bolgia, perchè si ruppono nel tempo della passione di Cristo, secondo la fizione dell’autore; e però seguita: Salvo che questo è rotto; questo sasso che detto è, e nol coperchia; cioè non fa ponte sopra lo sesto vallone: Montar potrete; tu Virgilio e Dante, su per la ruina; di questo sasso, Che giace in costa; sì che v’a fatto la via, e nel fondo; della bolgia, soverchia, perchè v’è alzato per la rottura del sasso. Lo Duca; cioè Virgilio, stette un poco a testa china; come fa colui che pensa, Poi disse; Virgilio in verso frate Catalano, e dice: Mal contava la bisogna; cioè mal diceva lo bisogno nostro, Colui, che i peccator di qua uncina; cioè Malacoda, che piglia coi raffi e con li uncini li peccatori della quinta bolgia: però che disse di sopra capitolo xxi, Presso è un altro scoglio, che via face, e come mostrato è, non ve n’era veruno, e per questo si mostra che il dimonio con bugie e falsitadi s’ingegna d’ingannare ciascuno.
C. XXIII — v. 142-148. In questi due ternari et uno versetto finge l’autore come il frate rispose a Virgilio, quanto all’inganno del dimonio, dicendo: E il Frate; cioè messer Catalano, disse, s’intende: Io udi’ già dire a Bologna, perch’elli fu Bolognese, però dice che udi’ dire a Bologna, Del diavol vizi assai; anzi è tutto vizioso, tra’ quali; cioè vizi, udi’; io frate Catalano, Che gli è bugiardo, e padre di menzogna; questo s’accorda con la Santa Scrittura che dice: Diabolus mendax est, et pater mendacii; sì che non ti maravigliare, Virgilio, s’egli t’à detto bugia. Appresso; cioè dopo le dette parole, il Duca; cioè Virgilio, a gran passi sen gì; cioè se n’andò, Turbato un poco