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[v. 1-18] | c o m m e n t o | 589 |
giunti li piè di Virgilio giù al fondo, che i demoni erano giunti in sul colle sopra loro: ma non v’era paura, che l’alta Providenzia che li volle porre ministri della quinta bolgia, à tolto loro la potenzia di partirsi quindi. Et aggiugne che nel fondo della sesta bolgia trovarono una gente dipinta, ch’andava intorno con assai lenti passi, piangendo assai miseramente, e parea alla vista stanca e vinta et aveano costoro cappe con cappuzzi bassi dinanzi alli occhi, fatti a quel modo che portano li monaci di Colognia; e queste cappe eran dorate e splendienti di fuori, sicchè abbagliava tutta la gente, e d’entro erano di piombo e tanto gravi, che quelle che facea mettere lo imperador Federigo alli giudicati e condannati eran di paglia a rispetto di quelle. E però facendo esclamazione dice l’autore: O faticoso mantello, che è quello in eterno! E dice che si volsono a man manca, ad andare per lo fondo della bolgia al loro cammino insieme andando con quella gente, et andavano intesi al loro tristo pianto; ma quella gente stanca veniva sì piano per lo peso, che Virgilio e Dante trovavono 1 nuova compagnia ad ogni passo. E qui finisce la sentenzia litterale di questa prima lezione: ora è da vedere il testo con le moralità et allegorie.
C. XXIII — v. 1-18. In questi sei ternari dimostra l’autore come se n’andarono, poi ch’ebbono lasciati li demoni; e li pensieri che li vennono nella mente, dicendo: Taciti, perchè non parlavano, soli, perchè l’uno andava innanzi e l’altro poi, e sanza compagnia, perchè niun altro era più con loro, se non essi poi ch’aveano lasciata la compagnia de’ dimoni, N’andavam; cioè Virgilio et io Dante, l’un dinanzi; cioè Virgilio, e l’altro dopo; cioè Dante: imperò che la guida va innanzi e lo guidato seguita; et aggiugne la similitudine, Come i frati minor; cioè quelli di san Francesco, vanno per via; cioè per lo lor cammino: consuetudine è de’ frati minori, quando vanno per cammino d’andare taciti 2, soli e sanza compagnia, e l’uno innanzi e l’altro dietro: imperò che vanno contemplando o nelle cose divine o nelle scienzie, e però non sono taciti quanto alla mente; ma sì al parlare corporalmente; e non sono soli, quanto al pensieri: imperò che è sentenzia di Catone, che la pone Tullio nel libro delli Offici, che mai non fu meno solo che quando era solo, e mai non fu meno ozioso che quando era ozioso. E Seneca nelle sue Epistole ancora dice che l’uomo savio non è mai solo; e forse per questo disse l’autore soli, perchè lo loro pensieri non era allora accompagnato con li uomini virtuosi. E puossi intendere che quel come faccia similitu-