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giunti li piè di Virgilio giù al fondo, che i demoni erano giunti in sul colle sopra loro: ma non v’era paura, che l’alta Providenzia che li volle porre ministri della quinta bolgia, à tolto loro la potenzia di partirsi quindi. Et aggiugne che nel fondo della sesta bolgia trovarono una gente dipinta, ch’andava intorno con assai lenti passi, piangendo assai miseramente, e parea alla vista stanca e vinta et aveano costoro cappe con cappuzzi bassi dinanzi alli occhi, fatti a quel modo che portano li monaci di Colognia; e queste cappe eran dorate e splendienti di fuori, sicchè abbagliava tutta la gente, e d’entro erano di piombo e tanto gravi, che quelle che facea mettere lo imperador Federigo alli giudicati e condannati eran di paglia a rispetto di quelle. E però facendo esclamazione dice l’autore: O faticoso mantello, che è quello in eterno! E dice che si volsono a man manca, ad andare per lo fondo della bolgia al loro cammino insieme andando con quella gente, et andavano intesi al loro tristo pianto; ma quella gente stanca veniva sì piano per lo peso, che Virgilio e Dante trovavono 1 nuova compagnia ad ogni passo. E qui finisce la sentenzia litterale di questa prima lezione: ora è da vedere il testo con le moralità et allegorie.

C. XXIII — v. 1-18. In questi sei ternari dimostra l’autore come se n’andarono, poi ch’ebbono lasciati li demoni; e li pensieri che li vennono nella mente, dicendo: Taciti, perchè non parlavano, soli, perchè l’uno andava innanzi e l’altro poi, e sanza compagnia, perchè niun altro era più con loro, se non essi poi ch’aveano lasciata la compagnia de’ dimoni, N’andavam; cioè Virgilio et io Dante, l’un dinanzi; cioè Virgilio, e l’altro dopo; cioè Dante: imperò che la guida va innanzi e lo guidato seguita; et aggiugne la similitudine, Come i frati minor; cioè quelli di san Francesco, vanno per via; cioè per lo lor cammino: consuetudine è de’ frati minori, quando vanno per cammino d’andare taciti 2, soli e sanza compagnia, e l’uno innanzi e l’altro dietro: imperò che vanno contemplando o nelle cose divine o nelle scienzie, e però non sono taciti quanto alla mente; ma sì al parlare corporalmente; e non sono soli, quanto al pensieri: imperò che è sentenzia di Catone, che la pone Tullio nel libro delli Offici, che mai non fu meno solo che quando era solo, e mai non fu meno ozioso che quando era ozioso. E Seneca nelle sue Epistole ancora dice che l’uomo savio non è mai solo; e forse per questo disse l’autore soli, perchè lo loro pensieri non era allora accompagnato con li uomini virtuosi. E puossi intendere che quel come faccia similitu-

  1. Data la desinenza in ono alla terza plurale del presente indicativo, affine di mantenere l’uniformità, si finirono così anche le terze plurali dell’imperfetto. E.
  2. C. M. di andare tutti soli