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   [v. 145-151] c o m m e n t o 581

al suo compagno; cioè ad Alichino, E fu con lui sopra il fosso ghermito; cioè afferrato con li artigli. Ma l’altro; cioè Alichino, fu bene sparvier grifagno; cioè superbo et animoso, Ad artigliar ben lui; cioè Calcabrina, et amendue; cioè Calcabrina et Alichino, Cadder nel mezzo del bogliente stagno; così ghermiti, perchè l’uno tirava qua, e l’altro là. Lo caldo; della pegola bogliente, sghermitor subito fue: cioè che sentendo il caldo si sghermirono 1 di subito, e così lo caldo fu sghermitore 2; Ma però di levarsi era niente: imperò che non poteano: Sì aveano inveschiate l’ali sue; e quest’era la cagione, perchè non si poteano levare della pegola: imperò che non potean volare.

C. XXII — v. 145-151. In questi due ternari et uno verso l’autor nostro finge il suo partimento, dicendo: Barbariccia; ch’era lo decurio, come detto fu di sopra cap. xxi, con li altri suoi; compagni, dolente; di quel ch’era avvenuto, Quattro; de’suoi demoni, ne fe volar dall’altra costa; della bolgia, Con tutti i raffi; per pigliar l’impaniati, et assai prestamente Di là, di qua 3; cioè dall’una ripa e dall’altra della bolgia, quattro di qua e quattro di là: Porser li uncini, perchè vi s’afferrassono, in verso gl’impaniati, cioè Calcabrina et Alichino, Ch’eran già cotti dentro dalla crosta; della ripa, benchè non vi fossono stati molto: sì era calda la pegola, E noi lasciammo; cioè Virgilio et io Dante, lor; cioè tutti quei demoni dentro dalla crosta della bolgia, dov’era la pegola, così impacciati; come è detto di sopra. E questo finge l’autore essere stata la cagione che si poterono partire da loro, che li demoni non se ne avvidono. E qui finisce il canto xxii, et incomincia il canto xxiii.

  1. C. M. si sgremitteno di subito,
  2. C. M. fu sgremitore;
  3. C. M. Di qua, di là discesero alla posta; cioè da l’una ripa

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