16Guardai in alto, e vidi le sue spalle
17Vestite già de’ raggi del pianeta,
18Che mena dritto altrui per ogni calle.
19Allor fu la paura un poco queta,
20Che nel lago del cor m’era durata
21La notte, ch’io passai con tanta pieta.
22E come quei, che con lena affannata
23Uscito fuor del pelago alla riva,
24Si volge all’acqua perigliosa, e guata;
25Così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,
26Si volse indietro a rimirar lo passo,
27Che non lasciò giammai persona viva.
28Poich’èi posato un poco il corpo lasso,1
29Ripresi via per la piaggia diserta,
30Sì che il piè fermo sempre era il più basso.
31Et ecco, quasi al cominciar dell’erta,
32Una lonza leggiera e presta molto,
33Che di pel maculato era coverta.
34E non mi si partia dinanzi al volto,
35Anzi impediva tanto il mio cammino,
36Ch’io fu’ per ritornar più volte volto.
37Temp’era del principio del mattino,
38E il Sol montava su con quelle stelle,
39Ch’eran con lui, quando l’Amor Divino2
40Mosse da prima quelle cose belle;
41Sì ch’a bene sperar m’era cagione
42Di quella fiera la gaetta pelle,
43L’ora del tempo e la dolce stagione;
44Ma non sì, che paura non mi desse
45La vista che m’apparve d’un leone.
- ↑ v. 28. Poi ch’ebbi riposato il corpo.
- ↑ v. 39. ch’eran lassù.