49Mia madre a servo d’un signor mi pose:
50 Che m’avea generato d’un ribaldo1
51 Distruggitor di sè, e di sue cose.
52Poi fui famiglio del buon re Tebaldo:
53 Quivi mi misi a far baratteria,
54 Di che io rendo ragione in questo caldo.
55E Ciriatto, a cui di bocca uscia
56 D’ogni parte una sanna, come a porco,
57 Gli fe sentir come l’una sdrucia.
58Tra male gatte era venuto il sorco;2
59 Ma Barbariccia il chiuse con le braccia,
60 E disse: State in là, mentr’io lo inforco.
61Et al Maestro mio volse la faccia:
62 Domandal, disse, ancor, se più disii
63 Saper da lui, prima ch’altri il disfaccia.
64Lo Duca dunque: Or dì, delli altri rii
65 Conosci tu alcun, che sia Latino3
66 Sotto la pece? E quelli: Io mi partii,
67Poco è, da un che fu di là vicino:
68 Così foss’io con lui ancor coperto,4
69 Che io non temerei unghia, nè uncino.
70E Libicocco: Troppo avem sofferto,
71 Disse, e preseli il braccio col ronciglio,
72 Sì che, stracciando, ne portò un lacerto.5
73Draghignazzo anche i volle dar di piglio6
74 Giuso alle gambe; onde il decurio loro
75 Si volse intorno intorno con mal piglio.
- ↑ v. 50. C. M. m’avea ingenerato
- ↑ v. 58. Sorco; sorcio. La solita fognatura dell’i. E.
- ↑ v. 65. Latino; secondo che dimostrò Carlo Troya, vale uomo d’Italia, non uscito del sangue lombardo; ma sì del romano, come appunto era l’Allighieri che veniva da Eliseo Frangipani di Roma. E.
- ↑ v. 68. C. M. io ancor con lui coperto,
- ↑ v. 72. C. M. stracciando, portonne un lacerto.
- ↑ v. 73. C. M. ancor volle