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c a n t o   xxii. 561

22Talor così ad alleggiar la pena
      Mostrava alcun de’ peccatori il dosso,
      E nascondeva in men che non balena.1
25E come all’orlo dell’acqua d’un fosso
      Stanno i ranocchi col muso di fuori,
      Sicchè celano i piedi e l’altro grosso;
28Sì stavan d’ogni parte i peccatori:2
      Ma come s’appressava Barbariccia,
      Così si ritraen sotto i bollori.3
31Io vidi, et anco il cor me n’accapriccia,
      Uno aspettar così, com’elli incontra
      Ch’una rana rimane, e l’altra spiccia.
34E Graffiacan, che li era più d’incontra,4
      Gli arroncigliò le impegolate chiome,
      E trassel su, che mi parve una lontra.
37Io sapea già di tutti quanti il nome:
      Sì li notai, quando furon eletti;
      E poi che si chiamaro, attesi come.
40O Rubicante, fa che tu li metti
      Gli unghioni a dosso sì che tu lo scuoi,
      Gridavan tutti insieme i maladetti.
43Et io: Maestro mio, fa, se tu puoi,
      Che tu sappi chi è lo sciagurato
      Venuto a man delli avversari suoi.
46Lo Duca mio gli s’accostò al lato;5
      Domandollo onde fosse, e quei rispuose:
      Io fui del regno di Navarra nato.

  1. v. 24. C. M. Et ascondeva
  2. v. 28. C. M. Sì stanno
  3. v. 30. C. M. ritraean
  4. v. 34. C. M. più di contra,
  5. v. 46. C. M. si li accostò
Inf. T. I. 36