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[v. 19-36] | c o m m e n t o | 547 |
mezzana la quale si chiama la mezzana; et un’altra la minore che si chiama terzeruolo. Tal, non per foco, adatta ora la similitudine: dice che tale era quella pegola, non già per fuoco, come quella pece de’ Viniziani, ma per divina arte: imperò che per potenzia divina Bollia là giù; cioè in quella bolgia, una pegola spessa; tale, quale la pece nell’arzanà de’ Viniziani, Che inveschiava la ripa d’ogni parte; cioè tutta la ripa dall’un lato e dall’altro.
C. XXI — v. 19-36. In questi sei ternari l’autor nostro manifesta quello che finge che avvenisse, quando stava a guardare d’in sul ponte nella bolgia, dicendo: Io vedea lei; cioè la pegola, ma non vedeva in essa; cioè quel che v’era, Ma che le bolle; cioè non vedea altro che le bolle: imperò che i peccatori stavano sotto 1 in quelle bolle; cioè in quelle bolle, che il bollor levava; vedeva, s’intende, Gonfiar tutta e riseder compressa; cioè la pegola che tutta insieme s’inalzava e ritornava 2 giuso, come fa la pece quando bolle per la sua grossezza: imperò che l’umido vapor che v’è non può esalare come fa nell’acqua che è rara; e però quando l’acqua bolle, leva ora in uno luogo, ora in un altro, e sciala l’umido vapore per la sua rarità, e disfassi la bolla; ma nella pece e nella pegola si lieva tutta, et in quello levare sciala, e però risiede poi. Mentr’io; cioè Dante, là giù; cioè in quella pegola, fisamente mirava, Il Duca mio; cioè Virgilio, dicendo: Guarda, guarda; a me Dante! Mi trasse a sè del loco dov’io stava; qui fa l’autore una similitudine, dicendo: Allor mi volsi; io Dante, come l’uom che tarda; cioè indugia, Di veder quel che li convien fuggire; avendo paura, pur fugge presto e partesi del luogo dove è subito; ma non sa determinatamente ove debba ricoverare, e però dice, E cui; cioè lo quale, paura subita sgagliarda; cioè impaurisce, Che per veder non indugia il partire; e non sa ove vada: E vidi; io Dante, voltomi e partitomi, dietro a noi, cioè a Virgilio e a me Dante, un diavol nero, Correndo su per lo scoglio venire; cioè del ponte del quale m’era partito. Ahi; questa è una intergezione che significa ammirazione, quanto elli era nello aspetto fero; cioè quel diavolo, E quanto mi parea nell’atto acerbo; esso demonio, Con l’ale aperte: però che venia volando, e sopra i piè leggiero: imperò che andava co’piedi e volava con l’alie! E però significa la sua velocità e pone lo singulare per lo plurale; tutte queste condizioni se li appropiano: imperò che gli è deforme e sozzo, e questo significa la nerezza; appresso è crudele, e questo significa la sua ferità, quanto a vedere, e la sua acerbità nell’operare 3; appresso è leggieri, perchè è spirito. L’omero suo; cioè la spalla del detto demonio, ch’era acuto e superbo; cioè appuntato 4 et alto, Carcava un peccator con ambo