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i n f e r n o xxi. |
[v. 1-18] |
mo dire che seguiti la grammatica, che pone cantare per descrivere.
E se si dimostrasse o vero domandasse, perchè non curò di descrivere quello che parlarono, puossi rispondere perchè sarebbe stato
inconveniente replicare quello, che altra volta avea detto: imperò
che possiamo convenevolmente pensare che il parlare loro fosse
della selva, della quale fu fatta menzione di sopra cap. i; e il parlare di quella fatto per Virgilio, fu lo deliberare della ragione, se ne
dovea far menzione o no. Venimmo; noi Dante e Virgilio, e tenevamo il colmo; cioè la sommità; cioè eravamo giunti in sull’arco del ponte
quinto, quando Ristemo; cioè ci fermamo qui, per veder l’altra fessura; cioè l’altra fossa e vallone; cioè il quinto, Di Malebolge,
perchè si chiami così, fu dichiarato di sopra cap. xviii, e li altri pianti vani; cioè non uditi, perchè i peccatori erano tutti sotto la pegola,
sicchè non si poteano udire; e però dice l’autore che i pianti erano
vani, quanto all’audito suo e di Virgilio: o vogliamo dire che tutti
i pianti dell’inferno sieno vani, che non fanno alcuno utile come
fanno quelli del mondo, che sgravano l’anima della colpa quando si
fanno per contrizione; e così sono fruttevoli et utili, E vidila mirabilmente oscura: però che giù era la pegola nera. Et è qui da notare il peccato che l’autore finge che si punisca in questa bolgia e
la pena ch’elli dà per convenienzia a questo peccato, e come moralmente si vede questa pena essere nelli mondani che operano sì
fatto peccato. Et intende prima l’autore di trattare qui del peccato
della baratteria, che per altro nome si chiama moccobellaria 1; e
moccobellaria 2 è vendimento, o vero comperamento di quello che
l’uomo è tenuto di fare per suo uficio o in cose publiche o private,
per danari o per cose equivalenti. Et à questo peccato due spezie:
imperò che elli si vende o si compra quel che si dee fare secondo
debito di ragione, e questo è men grave, siccome s’io giudice a una
corte, do una sentenzia giusta più tosto che non farei per alcuno
prezzo ch’io ricevo della parte; l’altro modo si è, se si vende o compera quello che è contra ragione, siccome se io arbitro debbo dare
la sentenzia per te, et io ingiustamente la do per altra parte, corrotto per prezzo o per dono ch’io n’abbia ricevuti. E questa spezie
è molto più grave: imperò che si fa contra giustizia per avarizia; et
ecci duppio 3 il peccato d’ingiustizia e d’avarizia; e similmente se
io sono anziano e debbo dare l’ufizio a chi lo merita, et io lo darò a
- ↑ Il nostro Codice e cinque Laurenziani ànno qui ed altrove i nomi astratti - moccobelleria, e moccobello, - e talora eziandio il sostantivo comune maschile - moccobellatore; ma il Vocabolario della Crusca riferisce queste medesime parole del butese Commentatore sotto la voce -maccatelleria-. Noi confessandoci insufficienti a dichiarare l’origine di vocaboli sì fatti, ci rimettiamo di buon grado al giudizio de’ Filologi. E.
- ↑ C. M. moccabellaria
- ↑ C. M. doppio