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[v. 1-18] | c o m m e n t o | 543 |
Virgilio a Dante: A ciò che non si paia che tu ci sia, appiccati 1 qui dopo uno scoglio che ti ripari, e non temere per alcuna offensione che a me fosse fatta, ch’io so come queste cose stanno, perchè altra volta fui in tal barratta. E poscia Virgilio, detto questo, passò di la da capo del ponte; e com’elli giunse in su la ripa sesta, gli fu mestieri d’avere sicura fronte: imperò che i demoni uscirono di sotto il ponte con quel furore e con quella tempesta, ch’escono i cani a dosso al poverello, che chiede di subito ov’elli s’arresta, e tutti volsono i roncigli contro a Virgilio. Ma Virgilio gridò a loro: Nessun di voi sia fello: innanzi che li uncini vostri mi piglino, traggasi davanti l’uno di voi che m’oda, e poi fate consiglio d’arroncigliarmi o no. E tutti questi maladetti gridavano: Vada Malacoda; e per questo elli si mosse, e li altri stettono fermi; e venne a Virgilio, e disseli: Che vuoi tu dire? Allora Virgilio li disse: Credi tu, Malacoda, ch’io fosse venuto insino qui sicuro di tutte vostre derisioni, sanza voler divino e fato destro? Non te lo pensassi, e però ti dico: Lasciami andare, che nel Cielo è voluto ch’io mostri ad altrui questo cammin selvestro 2. Allora li fu l’orgoglio sì caduto, ch’elli si lasciò cadere l’uncino a’ piedi, e disse alli altri: Oggimai non sia ferito, poi che così è. E qui finisce la sentenzia litterale della prima parte del canto: ora è da vedere la esposizione del testo con le allegorie.
C. XXI — v. 1-18. In questi sei ternari l’autor nostro pone lo descenso della quarta bolgia nella quinta, ponendo lo passamento del ponte quarto in sul quinto, e descrivendo in parte la detta bolgia, facendo una similitudine, dicendo; Così di ponte; cioè quarto, in ponte; al quinto, altro parlando; Virgilio et io Dante, Che la mia Comedia; cioè questa opera la quale l’autore chiama comedia. Comedia 3 s’interpetra canto di villani, e tratta delle persone mezzane, et in mezzano stilo si dee comporre et incomincia da avversità e finisce in felicità, come fanno le favole di Terenzio e di Plauto. Sarebbe dubbio, se questo poema dell’autore si dee chiamare comedia o no; ma poi che li piacque chiamarla comedia 4 debbalisi concedere. Messer Francesco Petrarca in una sua epistola che comincia: Ne te laudasse pœniteat ec., muove questa questione e dice: Nec cur comœdiam vocet video. - cantar non cura; cioè descrivere: però che cantica chiama l’autore ciascuna delle tre parti principali, e le parti di ciascuna chiama canti; e però chiama scrivere, cantare: o voglia-
- ↑ C. M. appiattati qui
- ↑ C. M. silvestro.
- ↑ C. M. Comedia s’appella canto villano e tratta delle persone villane et in mezzano stillo
- ↑ Fu avviso del ch. Dionigi Strocchi che Dante appellando Comedia il suo poema, intendesse della prisca comedia, la quale e lodando e biasimando nominava persone viventi. E.