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[v. 7-18] | c o m m e n t o | 519 |
Comedia si divide tutta in tre cantiche, e questa prima si divide in 34, et altre due in 33 ciascuna, e così li canti di tutta l’opera sono cento; e però dice l’autore che questo è lo vigesimo canto della prima cantica della sua Comedia. Io era già disposto tutto quanto; cioè io Dante, A riguardar nello scoperto fondo; cioè della quarta bolgia, Che; cioè la quale 1, si bagnava d’angoscioso pianto; de’ peccatori che vi si punivano. Et è qui da notare che in questa bolgia l’autore finge che si punisca il peccato dell’affatturazione, che comunemente si suole chiamare ammaliazione; ma secondo lo Grammatico si chiama sacrilegio; et è sacrilegio sacramento 2 del culto, che si dè dare a Dio, a darlo a’demoni et all’idoli. E questo peccato à principalmente sotto sè quattro spezie; cioè divinazione, malificio, suprestizione 3 e stregoneccio; e benchè molte sieno le spezie delle divinazione, basti a cercarne 4 14; cioè piromanzia, aeremanzia 5, idromanzia, geomanzia, fitonizia, nigromanzia, augurio, sortilegio, orispizio 6, ariolazio, magicazio, sonnilegio, stenuilegio 7, psalterilegio. E di questo peccato e delle sue spezie si tratterà in questo canto, ove si pone che indovini, maliosi, superstiziosi e stregoni sieno puniti con nuova pena, come dirà incontanente; et è questo peccato contenuto sotto la fraude per tanto, che questi sì fatti peccatori intendono a vanagloria, e per farsi onorare e tenere saputi; et ancora per avarizia, per estirpare d’altrui usano questi modi che sono detti di sopra, e li quali conoscono veramente non essere veri, e così ingannano li semplici e li stolti. E benchè alcuna volta si truovino avere effetto, questo è per inganno del dimonio; et però questo peccato è sotto l’astuzia, o vero fraude, e commettesi quando con fatti e quando con parole; e però l’autore v’adatta la pena che dirà di sotto.
C. XX — v. 7-18. In questi quattro ternari l’autor nostro dimostra la pena, che sostengono quelli peccatori che sono dannati nella quarta bolgia, dicendo: E vidi; io Dante, poi ch’io fu’ disposto a riguardare nel fondo della bolgia, gente per lo vallon tondo: però che ogni bolgia gira in tondo, secondo la sua fizione, Venir tacendo, e lagrimando, al passo; cioè piano, Com; cioè come, fanno le letane; cioè le processioni de’ cherici col popolo dietro, quando circundano l’estremità della città e li luoghi publichi, cantando le letanie, in questo mondo; cioè nel nostro mondo ove Dante compose questo poema, lo quale finge aver composto, poi che fu tornato dalla sua visione e fantasia. Come il viso mi scese in lor più basso; cioè come