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510 | i n f e r n o xix. | [v. 121-133] |
all’edifizio, e dotò e fece ricca la chiesa di Roma. E perchè il papa rimanesse al tutto signore di Roma, si partì di Roma et andossene in Grecia; e menoe seco molti Romani promettendo loro di metterli tosto in sul terreno di Roma; e per osservare loro la promessa, fece portare del terreno di Roma in su li navili, e quando fu in Grecia fece una città la quale denominò dal suo nome Costantinopoli, e fecevi spargere di sopra lo terreno di Roma; e per questo disse poi a’ Romani ch’erano iti con lui, ch’avea loro osservata la promessa; e però fu poi chiamata la Grecia romana. E perchè innanzi che la Chiesa fosse dotata da Costantino, tutti li prelati erano spirituali, santi, e buoni; e poi che fu dotata, fu di quelli che furono carnali e mondani, però dice che la dote che ricevette da lui il primo ricco patre, fu matre di molto male; ma non la sua conversione. Et aggiugne: E mentre io; cioè Dante, gli cantava; a quel piantato, cioè a papa Nicolao, cotai note; cioè cotai parole: le voci sono note delle passioni che sono nell’anima, come dice il Filosofo, O ira; perchè Dante li diceva così fatte parole, o coscienzia; della sua simonia, che il mordesse; qualunque si fosse di queste due cagioni, Forte spingava; cioè guizzava, con ambo le piote; cioè con amendu’ le piante, che tenea fuori del buco.
C. XIX — v. 121-133. In questi quattro ternari e un verso si contiene lo passimento 1 di questa terza bolgia nella quarta. Dice adunque così l’autor nostro: Io; cioè Dante, credo ben che al mio Duca; cioè Virgilio, piacesse; quel ch’io avea detto contra papa Nicolao e li altri; e qui solve il dubbio che di sopra mosse, quando disse: Io non so s’io mi fu’ qui troppo folle: imperò che finge ora che piacesse a Virgilio; cioè alla ragione, la invettiva sua; et aggiugne il segno perchè lo crede, Con sì contente labbie; cioè con labbie ridenti, che mostrano contentamento della cosa udita o veduta, sempre attese; cioè a udire, Lo suon delle parole vere espresse; cioè manifestamente proferte; et aggiugne lo suo passamento, dicendo: Però con ambo le braccia mi prese; cioè m’abbracciò, E poi che tutto su mi s’ebbe al petto; cioè arrecato sul petto, Rimontò per la via; della ripa, onde discese; prima, per portar Dante a vedere li simoniaci, e massimamente papa Nicolao: Nè si stancò; Virgilio, d’avermi a sè distretto; abbracciandomi, Sì men portò; cioè sì ne portò me, sopra il colmo dell’arco; cioè sopra il mezzo dell’arco quarto, sott’al quale è la quarta bolgia, Che dal quarto al quinto argine è tragetto; cioè passamento dal quarto argine al quinto. Quivi; cioè in sul colmo dell’arco quarto, soavemente; cioè pianamente, spuose il carco; cioè lo incarico che era Dante, che avea abbracciato, Soave; cioè dolce. Dolce cosa è la
- ↑ C. M. passamento