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[v. 46-57] | c o m m e n t o | 499 |
tor finge che Virgilio li dica pur quelle cose, che sono scritte appo li altri poeti et autori; l’altre, che non sono appo li autori, finge che conosca per sè: imperò che nelle cose, che si leggono, la ragione dà alla sensualità, e la sensualità per sè prende le cose che vede o ode, e che s’apprendono per li altri sentimenti. Aggiugne poi l’autore la bella risposta che fece a Virgilio, dicendo: Et io; cioè Dante rispuosi a Virgilio, s’intende: Tanto m’è bel; cioè piacevole, quanto a te piace; Virgilio: Tu; cioè Virgilio, se’ Signor, e sai ch’io; Dante, non mi parto Dal tuo volere, e sai quel che si tace; cioè li pensieri dentro: imperò che la ragione comprende li pensieri, come detto fu di sopra cap. xvi, quando disse: Ahi quanto cauti li uomini esser denno Presso a color, che non veggion pur l’opra; Ma per entro i pensier miran col senno! — Allor venimo; Virgilio et io Dante, su l’argine quarto; e così era ch’elli aveano passate tre bolge sì, che il primo argine che lungo la ripa cigne la prima bolgia fu l’uno; lo secondo tra la prima bolgia e la seconda; lo terzo tra la seconda e la terza; e lo quarto tra la terza e la quarta, e così erano in su lo quarto argine venuti, passato la terza bolgia: Volgemmo e discendemmo a mano stanca; cioè a mano manca, che è meno abile che la ritta, Là giù nel fondo foracchiato et arto; cioè stretto e pieno di fori tondi, come scrisse di sopra. Lo buon Maestro; cioè Virgilio, ancor della sua anca; in su la qual finge che il portasse, Non mi dispuose; cioè non mi pose giù a terra 1, anzi mi tenne in su l’anca infino che fummo al buco di colui che guizzava così, come è detto; e però dice: sì mi giunse al rotto; cioè al buco, Di quel che si piangeva con la zanca; cioè con l’anca, dimenandola per dolore, come di sopra fu detto. Dichiarato è assai come la ragione porta la sensualità, e come la ragione superiore porta la ragione inferiore.
C. XIX — v. 46-57. In questi quattro ternari l’autor nostro finge che, giunto a quel peccatore piantato, li cominciò a parlare, dicendo: Anima trista, come pal commessa; cioè fitta, come si ficca il palo, qual che se’; cioè qualunque tu se’, che il di su tien di sotto; cioè 2 lo capo, che dè stare di sopra 3, tien di sotto ove denno stare li piedi, Cominciai io; Dante, a dir, se puoi, fa motto; cioè rispondimi. Io stava; cioè Dante, e fa una similitudine, come il frate, che confessa Lo perfido assassin; cioè chinato con l’orecchie, atteso come fa 4 lo frate quando ode a confessione lo perfido assassino: assassino è
- ↑ C. M. non mi isposò giù, anco mi tenne
- ↑ C. M. cioè la parte di sopra tieni di sotto; cioè lo capo
- ↑ Tien per tieni, seguendo l’Allighieri à detto il nostro Commentatore, e prima di loro avea scritto Lapo degli Uberti «Così mi giugni e prendi; Poi tormentando più mi tien distretto» Dunque perchè i grammatici riprovano troncamenti siffatti? E.
- ↑ C. M. come sta lo