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[v. 67-81] | c o m m e n t o | 481 |
Interminelli da Lucca e però ti riguardo 1 più che tutti li altri. Allora messer Alesso rispose battendosi la zucca con le mani: Qua giù m’ànno affundate le lusinghe, delle quali non ebbi mai la lingua asciutta. Appresso a questo dice che Virgilio li disse: Pigni il viso un poco più oltre sì, che tu veggia ben con li occhi la faccia di quella sozza fante scapigliata, ch’ella si gratta con l’unghie brutte di sterco, et or si pone giù et or si lieva in piè: quella è la meretrice ch’ebbe nome Taide, che rispose al drudo suo quando la domandò: Ò io grande grazie appo te? Non solamente l’ài grandi; ma maravigliose. E questo ci basti aver veduta 2 questa seconda bolgia dell’inferno: ora è da veder lo testo con le esposizioni, e dice così:
C. XVIII — v. 67-72. In questi due ternari l’autor nostro dimostra il processo del loro cammino, dicendo così, poi che messer Venedigo si fu partito: Io; cioè Dante, mi raggiunsi con la Scorta mia; cioè con la mia Guida; cioè con Virgilio, Poscia con pochi passi divenimmo; e per questo mostra che fosse presso, Là dove un scoglio; di quelli che furon detti di sopra, della ripa liscia; cioè della ripa che cigne il vii cerchio e la prima bolgia dell’ottavo. Assai leggieramente quel salimmo; cioè Virgilio et io Dante, perchè non era molto faticoso. E per questo vuole significare che, avendo considerate le cose dette di sopra che furono faticose, assai leggiermente poteva montare all’altezza del ponte; cioè alla generalità del vizio che quivi si punisce, per considerare particularmente quell’altra spezie; e litteralmente finge questo, per fare verisimile la sua poesia; cioè come vedesse quell’altra turba. E volti a destra; cioè verso man ritta, perchè necessario era tornare verso man ritta volendo montare in sul ponte, secondo la lettera: et ancora per mostrare che vi montavano, per considerare la sua condizione e non altrimenti, però finge che convenisse volgersi a man ritta, su per la sua scheggia; cioè su per l’ascensione dello scoglio che scheggiava dalla ripa, o vero dalla banda ritta del ponte; e quest’era necessario, volendo vedere quell’altra turba ch’era venuta con loro. Da quelle cerchie eterne ci partimmo; cioè da quelle circulazioni che faceano in eterno quelle due brigate dette di sopra, che andavano l’una contraria all’altra.
C. XVIII — v. 73-81. In questi tre ternari l’autor nostro finge come venuti al colmo del ponte, Virgilio lo fece attento a guardare l’altra brigata dicendo: Quando noi fumo; cioè Virgilio et io Dante andando su per lo ponte, là, dov’el vaneggia Di sotto; cioè in su l’arco ch’è voto di sotto, per dar passo alli sferzati: però che quindi sotto passavano quelle turbe, Lo Duca; cioè Virgilio, disse; a me Dante:
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